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il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

04 maggio 2018

Concorso letterario Apuano: Menzione miglior trama - Un ultimo attimo di vita

prosegue la pubblicazione dei racconti presentati al concorso letterario apuano, con il testo che ha ottenuto la menzione per la migliore trama:

Maurizio Capuano
Un ultimo attimo di vita
 
Avendo deciso di concedersi una settimana di riposo dagli studi, Walter Sherman, giovane studente alla Brown University, era partito dalla sua Providence per Plymouth Bay: un po’ di svago era quanto gli occorreva per ritemprarsi, prima di incominciare la preparazione per un impegnativo esame che sarebbe stato ben presto chiamato ad affrontare. Trovò alloggio presso un amico di famiglia, un vecchio burbero cliente di suo padre, un uomo taciturno che, all’immaginazione del giovane, pareva celare un innominabile segreto. Prese dunque possesso di un capanno al centro di una vasta pineta, a poche centinaia di metri dalla spiaggia.
Siccome la sua abitazione era abbastanza isolata, per trovare compagnia, Walter era costretto a percorrere una distanza considerevole fino alla cittadina più vicina, ove passava buona parte delle sue serate: proprio dopo una nottata di baldoria, passata nell’unico bar del paese, il giovane si era ritrovato a dover tornare alla sua dimora nella più completa
oscurità, percorrendo barcollando la statale e senza incrociare neppure un veicolo che potesse dargli un passaggio. Dopo una mezz’ora di marcia, durante la quale la sua unica compagnia era stato il tabacco scuro che sfrigolava all’interno della sua pipa fumante, ormai giunto in prossimità dell’abitazione del suo padrone di casa, immersa nel torpore del sonno, incontrò una giovane donna che, pur non essendo bellissima, col suo modo di fare seducente catturò subito l’attenzione dello studente. Walter non era certo il più loquace dei seduttori, tuttavia, disinibito dall’abuso di alcool e tabacco scuro, riuscì a convincerla, senza neppure troppi sforzi, che l’avventura di una notte sarebbe stata cosa buona e giusta. Chi potrebbe condannarlo? Che altro può desiderare un ragazzo nel fiore degli anni? Sorprendentemente, anche per il giovane, la donna acconsentì, ma espresse un desiderio: tutto sarebbe dovuto avvenire sulla spiaggia, al chiaro di luna. La serata, fino ad allora ordinaria, si era fatta improvvisamente molto più interessante!
Walter condusse la sua nuova amica al capanno: intendeva procurarsi almeno una torcia elettrica, ma, non trovandola, rimasero giusto il tempo per un bicchiere di gin. Dopo averle illustrato il buio itinerario da seguire, s’inoltrarono nella pineta.
Quel marittimo bosco vicino al litorale, rischiarato da una vacua luce lunare, pareva in quel frangente l’apoteosi di tutte le foreste: alcuni degli alti fusti si stagliavano orgogliosi proiettando lunghe ombre sugli sprazzi di terreno che non occupavano, altri si piegavano al di sotto dei primi, come su di loro gravasse buona parte delle miserie del mondo; qua e là si udivano voci animali che
perfettamente si fondevano all’atmosfera eterea e quasi inquietante che caratterizzava la notte. A parte il rumoreggiare degli animali notturni, il bosco pareva immerso in una quiete quasi lunare, piccole dune di sabbia, spintesi verso il continente, rendevano talvolta pericoloso quel loro peregrinare fuori orario: a tratti, Walter accendeva un fiammifero per rinvigorire la combustione dell’inseparabile pipa che teneva sempre in bocca, ma a cui non prestava abbastanza attenzione, lasciandola spegnere ogni dieci minuti. Il terreno era in certi punti smosso da radici che parevano tentare di sottrarsi alla prigione sotterranea ove erano costrette, in altri l’asperità del terreno contribuiva a rendere insicuro il loro incedere: tuttavia, prendendo come punto di riferimento le radure illuminate dalla luce lunare, non procedevano del tutto alla cieca. Anche se la spiaggia, in linea d’aria, non era affatto distante, pareva loro di camminare da un’eternità, tenendosi per mano per infondersi coraggio, ma anche, più banalmente, per sostenersi l’un l’altra in caso di probabile caduta. Più si avvicinavano al mare, più gli alberi si facevano sparuti e le insidie del terreno rade: cresceva all'opposto la brezza che sferzava loro il volto portando con sé l’agrodolce aroma salino. Oltrepassarono una duna che si ergeva fin oltre il loro sguardo: raggiuntane la sommità non poterono fare a meno di ammirare il meraviglioso paesaggio che si parava loro di fronte. Riaccendendo la pipa, Walter contemplava assieme alla sua nuova amica un paesaggio mozzafiato: erano al centro di un golfo, delimitato da due lingue di terra parallele, alle cui estremità, lungimiranti architetti avevano ben pensato di erigere due fari. Anche se lontani, spilli di luce giungevano intermittenti a stuzzicar loro gli occhi. Tra i due luciferi stava una nera massa immobile, inquietante e maestosa a un tempo, in netto contrasto con la bianca sabbia che stava loro ai piedi: la luna era al suo zenit, il cielo faceva sfoggio dei suoi più preziosi gioielli, raggruppati in modo curioso, così importanti agli occhi degli esperti, così stupendamente sfavillanti a quelli dei profani. Alle spalle avevano un’altra massa scura, interrotta qua e là da sprazzi scoperti che la luna s’impegnava subito a rischiarare: quella stupenda visione ben si prestava a far da cornice al loro storia.
Avvicinandosi all’acqua, Walter gettò con noncuranza la pipa a terra; si tolsero le scarpe e vi bagnarono i piedi: era tiepida, rassicurante nel suo naturale calore. Si liberarono anche del resto e si lasciarono accogliere in quel meraviglioso abbraccio: a così stretto contatto, l’acqua non era più immobile, ma s’increspava e rifletteva ogni loro movimento. Stretti l’uno tra le braccia dell’altra, erano all’apoteosi del benessere: prima che diventasse stancante ne uscirono, la brezza tiepida sferzava per intero i loro corpi bagnati che sentivano freddo. Si unirono nel tepore di un abbraccio che li scaldò, sì, ma che provocò in loro tutto un altro genere di brividi: in quella situazione surreale dimenticarono tutto, l’eternità si lasciò benevolmente racchiudere in un lasso di tempo relativo, in cui sentivano di non aver bisogno di nient’altro che l’un dell’altra. Lasciarono la passione crescere
in loro, pur se mai si erano incontrati prima: il desiderio che li univa parve acuirsi in quel luogo ameno, sentivano di dipendere fortemente da quel sentimento, sentirono il bisogno impellente di condividerlo, di abbandonarsi, di essere liberi dalla moralità che ostruisce il giusto corso della vita. Lei si sdraiò sulla battigia, ebbe un brivido a contatto con la sabbia umida: lui si stese sopra di lei e la baciò. Assaporò il gusto delle sue labbra, continuò a baciarla, allontanandosi sempre più dalla bocca: degustò il salato dell’acqua marina che ancora la bagnava, il respiro di lei si fece affannoso, affaticato dal tentativo di resistere piacevolmente alla passione che montava, vano sforzo. Lui riportò la sua attenzione al volto e la baciò nuovamente, così profondamente da condividerne il respiro affannoso: respiravano, in quel momento, la stessa aria, carica di desiderio. Le parti s’invertirono, lei si mise sopra di lui e gli si concesse: uniti nell’amore carnale si sentivano ancor più uniti nello spirito. Mentre la brezza, incurante delle cose umane, continuava a soffiare sui due corpi sudati, l’amplesso durò quanto necessario. Intanto la luna si avviava a tramontare, con tutto il suo luminoso corredo celeste: i gabbiani si svegliarono dal torpore notturno e cominciarono a rumoreggiare in lungo e in largo, immersi in una luce a metà tra il giorno e la notte.
Il ragazzo si svegliò, stuzzicato dalla luce dell’aurora e si guardò intorno intontito: lei non c’era più…
Capì che era proprio stata solo l’avventura di una notte e, pur sapendolo, non trovava pace: avrebbe infatti voluto condividere qualcos’altro con quella giovane donna, di cui non ricordava neppure il nome. Con la mente in preda a quel pensiero si rivestì e si mise alla ricerca della pipa che aveva maldestramente abbandonato da qualche parte. La trovò poco distante, semisommersa dalla sabbia: con un gesto che avrebbe fatto inorridire suo padre, dopo aver rimosso sommariamente i corpi estranei, la riaccese come se niente fosse. Il fumo acre gli aggredì la lingua: probabilmente non aveva mai fumato nulla di peggio, tuttavia gli parve che quel tabacco scuro sprigionasse un aroma celestiale.
Passarono i giorni. Walter tornò a Providence e allo studio, alle pipe alternate e ai raffinati tabacchi d’oltreoceano che rubacchiava al padre: ben presto, smise di pensare di continuo a quella che era stata l’amante di una notte soltanto e quella serata scivolò, lentamente, nel ricordo.
Qualche settimana dopo, Walter aprì gli occhi su quella che pareva essere una giornata come tante: preparò le sue cose e si recò alla Brown. Molti ragazzi optavano per un alloggio all’interno del campus, ma Walter non lo riteneva necessario visto che l’università era a pochi chilometri dalla sua casa paterna. Quando la sera vi fece ritorno, in attesa che la cena fosse in tavola, prese una delle pipe di suo padre, la carico di tabacco scuro, l’accese e si accomodò sul divano sfogliando pigramente il giornale. Un articolo di cronaca nera catturò la sua attenzione: un tale, proprio a Plymouth, era accusato di aver accoltellato la moglie e di averne occultato i resti per tre anni. Le
prove erano schiaccianti: l’arma del delitto, rinvenuta in casa dell’indiziato, e i residui biologici presenti sul cadavere sepolto nella pineta contigua alla proprietà. Mentre il ragazzo era preso dalla lettura, posò gli occhi sulla fotografia della vittima: la pipa gli cadde di bocca quando il suo urlo disumano rimbombò per i tre piani di Villa Sherman.
La vecchia cuoca, spaventata da quel grido assordante, abbandonò i fornelli e corse in salotto. Disteso a terra, in preda a paurose convulsioni, col volto contratto in un’espressione indescrivibile, si contorceva il giovane Walter Sherman che, raggomitolato dietro il divano, emetteva un fiato impercettibile, un lamento che solo l’orecchio attento della vecchia nera poté comprendere: «È lei! È lei! Com’è possibile? Come può essere? È lei! È lei! È lei!»
©2018 Maurizio Capuano

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