Il viaggio che portò il tabacco
in Italia fu lungo e tortuoso, nascendo sulle Ande Sud Americane e le Coste
Peruviane, passando per il Mesoamerica e l’Europa occidentale e finendo fin nelle
nostre valli Italiane. Tutto questo viaggio è spiegato in più capitoli della
serie “Origini e Storia del Tabacco”: dalla sua nascita e domesticazione al X Secolo, passando per la scoperta Europea del tabacco, e concludendosi con l'arrivo e la diffusione del tabacco in Europa; spiegando superficialmente il viaggio del tabacco dal Nuovo al Vecchio Mondo, e che ci ha dato la possibilità di scoprire ed usufruire di una
vastissima gamma di prodotti e tipologie di tabacco ad oggi presenti in tutto il mondo.
In questo articolo continueremo questa storia e ci concentreremo sull'introduzione del tabacco in Italiano, insieme alla creazione dei primi tabacchi indigeni.
Fig. 1: Mappa illustrativa dell'introduzione e diffusione del tabacco in Italia e la nascita dei primi tabacchi indigeni (Jacopo Niccolò Cerasoni) |
Primo Contatto
Le prime origini del tabacco in
italiana risalgono al 1561, quando dei semi di Nicotiana vennero
portati dal Cardinale Prospero Pubblicola di Santa Croce, al ritorno da una
missione diplomatica in Portogallo, in dono al Papa Pio IV che li fece
coltivare dai Monaci Cistercensi nei dintorni di Roma. La coltivazione della
pianta rimase confinata nelle mura degl’orti dei monaci per diversi anni per
scopi medicamentosi. La pianta venne inizialmente chiamata “erba di Santa Croce” o “erba santa”, ed i primi riferimenti di
questa pianta sono presenti in Herbario
Nuovo (1585). Ad oggi sappiamo che questa prima varietà di tabacco arrivata
a Roma non era il tabacco che conosciamo oggi (N. tabacum), bensì una varietà di Nicotiana
rustica.
Il Vescovo Nicolò Tornabuoni, Nunzio del Papa Gregorio
XIII e ambasciatore di Toscana a Parigi presso la Corte di Francia, portò i
primi semi di Nicotiana tabacum, varietà
brasiliensis, allo zio Alfonso
Tornabuoni, Vescovo di Sansepolcro, intorno al 1574. Tornabuoni li seminò nel
suo giardino per utilizzare le piante a scopo medico. La pianta fu sopranominata
in onere del vescovo “erba Tornabuona”, e descritta anche dal medico Andrea Cesalpino
in De Plantis, nel 1585, e presente in un erbario ducale del Ferrarese, creato dal 1858 al 1598, sotto la
denominazione di Tabacho over Herba
Regina.
Questa prima varietà di N. tabacum var. brasiliensis diede
nascita’ alla tipologia che oggi identifichiamo come 171x104: il tabacco indigeno italiano più antico presente ancora
oggi. Le ultime piante che hanno mantenuto la loro autenticità genetica, senza
sottoporsi ad ibridazioni fin dalla sua nascita vari secoli fa, sono presenti
nella valle di Sansepolcro, e commercializzato sotto forma di sigari nostrani
su tutta la penisola Italiana.
Espansione
Cosimo I de’ Medici, amico del Vescovo Tornabuoni, iniziò
la coltivazione della pianta nei poderi di Chitignano, in provincia di Arezzo.
Da queste piantagione nacque la prima polvere di tabacco mai prodotta in Italia.
Dalla Toscana il tabacco passò a Chiaravalle, nelle
Marche, per opera dei monaci Cistercensi. Grazie ai monaci il tabacco si diffuse
non solo per il suo uso medico, come rimedio per molte malattie, ma gli
ecclesiastici cominciarono a creare tabacco in polvere e ad utilizzarlo come
tabacco da fiuto, prodotto nei loro molini in pietra. Da questa coltivazione a
Chiaravalle nacque una tipologia indigena dell’area, lo Spadone di
Chiaravalle. Esso fu coltivato fin dal 1750, e grazie alla sua alta forza
nicotinica fu utilizzato prevalentemente come polvere da fiuto, anche se le
migliori foglie della varietà scura (ne esistevano tre: giallo, chiaro e
scuro), venivano utilizzate anche per trinciati da pipa.
Verso la fine del 16° Secolo si cercò di coltivare la
nuova pianta nel Veneto e nell’Umbria. In Umbria il tabacco fu portato, grazie
alla grandissima vicinanza con Sansepolcro, nella Repubblica di Cospaia (anche chiamata "La Repubblica del Tabacco"),
dove fu coltivato il medesimo tabacco presente a Sansepolcro. Nel Veneto la
coltivazione del tabacco iniziò nei cosiddetti Sette Comuni dell’altipiano (Asiago, Rotzo, Roana, Gallio, Foza, Lusiana
ed Enego) e nei comuni della Valle del Brenta (Valstagna, Oliero, Campolongo,
Campese e Valrovina). La varietà che oggi identifichiamo come tabacco Nostrano
del Brenta fu introdotta proprio in queste zone grazie ai Padri Benedettini di
Campese.
C’è da precisare che il tabacco coltivato e domesticato
nella Valle del Brenta differisce enormemente dal resto del tabacco presente
nello stesso periodo nelle valli Nord del Tevere, avendo origini ben più
lontane ed ignote. A differenze della N. tabacum e N. Rustica introdotte in
Toscana e nel Lazio attraverso canali di trasporti Europei, i tabacchi nella
Valle del Brenta e più in generale nel Veneto hanno origine da tabacchi di varietà macrophylla, nello specifico N. tabacum var. macrophylla subpetilatifolia. Le varietà macrophylla indigene del veneto sono:
1. Nostrano del Brenta
2. Avanone
3. Cucchetto
4. Avanella rotonda
5. Avanella liscia
Il genere machrophylla è originario del Messico, rendendo
plausibile la possibilità che i semi portati in Veneto verso la fine del ‘500
venissero originariamente dall’America Centrale, senza alcuna ibridazione
Europea.
Alla fine del ‘500 l’utilizzo del tabacco trinciato per
pipa era già presente e diventato popolare in Inghilterra. Nel 1590 questa
tradizione britannica fu introdotta a Roma alla Corte pontificia per opera del
Cardinale Crescenzio, al quale era stata fatta conoscere da Don Virginio Orsini
di ritorno da un viaggio in Inghilterra. A partire dall’inizio del ‘600 il
tabacco cominciò ad essere trinciato e fumato in pipa, dando nuova vita ad un
prodotto precedentemente utilizzato solo per scopi medici o come prodotto da
fiuto.
Sud Italia & Le Isole
Nel 1615 il tabacco fu introdotto anche al Sud Italia, più
precisamente in Sicilia. Dei semi di tabacco furono coltivati ed ibridati nel Giardino
Botanico di Misilmeri, diretto dall’abate F. Cupani. I tabacchi coltivati nell’isola
furono suddivisi in 4 tipi:
1.
Erba
santa majuri
2.
Erba
santa minuri
3.
Tabaccu
di lu Brasili
4.
Erba
santa di lu Brasili
Le prime tre tipologie erano tutte N. tabacum. Dato il nome si può ipotizzare che le prime due
venissero dal Lazio, seppur non originarie dalle prime piante di N. rustica portate a Roma. Il terzo, il tabaccu di lu Brasili, probabilmente
proveniva dai tabacchi toscani, di tipologia brasiliensis, ed utilizzato sia come tabacco da fiuto che come
trinciato. L’ultimo tabacco era sicuramente una varietà di N. rustica, ed adattandosi molto bene all’area diede luogo al Brasile selvaggio.
Verso la meta’ del 1650, in provincia di Sassari, furono
coltivati i primi due tabacchi Sardi, il Secco
e Rigadio di Sardegna. Il Rigadio veniva utilizzato esclusivamente per
preparare polvere da fiuto, tipicamente chiamato Zenziglio, mentre il Secco
veniva preparato come polvere da fiuto comune o trinciati per sigarette di bassa qualità.
Questo breve riassunto è una superficiale analisi dell’introduzione
del tabacco in Italia e la sua prima espansione attraverso l’Europa ed il
Centro America. Le varietà indigene in Italia sono molte, ma la maggior parte
sono state prodotte a partire dal XVIII Sec., create attraverso ibridazioni e
spostamenti di territori geografiche e aree climatiche partendo dalle varietà
elencate in questo articolo. In futuro parleremo anche di queste varietà e della
creazione di tabacchi indigeni italiani, insieme all’effetto che questa
diffusione ebbe sull’uso che se ne fece negl’ultimi 300 anni.
Un contributo molto interessante, al pari dei precedenti. Complimenti.
RispondiEliminaTi ringrazio Maurizio! L'intento di questi articoli e' proprio quello di condividere la storia di quel che oggi definiamo tabacco, perche', senza la conoscenza del passato, non si potra' mai apprezzare appieno quel che consideriamo il mondo del fumo lento.
EliminaPS: Riguardo la tua richiesta precendente di una bibliografia, essa verra' pubblicata molto presto in compagnia di un articolo futuro.
Ti ringrazio! Anche se alcuni testi sono ormai difficilmente reperibili, é comunque utile a chi volesse approfondire...
RispondiEliminaGrazie per il tuo contributo alla cultura del tabacco!