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il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

31 gennaio 2014

Aromi (e sapori) Primari, Secondari e Terziari: Possiamo parlarne anche nel sigaro?


Benchè per quanto riguarda i vini la concezione di aromi primari, secondari e terziari sia in parte smentita dalla sempre migliore conoscenza dei composti chimici responsabili dell'aroma del vino, la percezione organolettica dei sommelier, specialmente su alcuni tipi di prodotto, si concentra ancora sulla ricerca degli aromi che derivano principalmente dalle tre fasi del ciclo di vita del prodotto. Si parla infatti di
aromi primari, per quelli già percepibili nell'uva o nel mosto, secondari, per quelli che si sviluppano in fase di fermentazione, e terziari per quelli che si sviluppano in fase di invecchiamento, escludendo quelli conferiti dal materiale in cui il vino è conservato.
Nei sigari questa distinzione è un po' meno marcata e non possiamo parlare strettamente di aromi primari, chi ha visto (e annusato) le foglie di tabacco in piantagione, sa che delle note aromatiche primarie permane ben poco, forse solamente il sentore erbaceo e vagamente balsamico di acluni puros ricorda, alla lontana, questo tipo di aroma. Gli aromi secondari sono invece quelli che dominano la scena, soprattutto a crudo, gran parte delle note olfattive percepite è infatti il frutto della fermentazione della foglia, su tutti la nota di stalla e cuoio, percettibile in molti sigari, è data dal residuo ammoniacale post-fermentazione. Per quanto riguarda le note terziarie, anche qui non possiamo parlarne in senso stretto, difficilmente compaiono infatti note tipiche del solo invecchiamento nei sigari, anche se cambiano gli equilibri aromatici in varie fasi della fermentazione. Vediamo infatti rafforzarsi i toni ammoniacali durante le fasi di microfermentazione, e sul lungo periodo l'attenuarsi generico di tutte le note aromatiche, che porta alla scomparsa di quelle più tenui, e quindi a una riduzione della complessità aromatica (sia a crudo che in fumata).
Abbiamo quindi visto in linea di massima come anche nei sigari, seppur in maniera diversa rispetto all'enologia, si distinguano organoletticamente alcune differenze riconducibili alle fasi del ciclo di vita del prodotto (tabacco), ma al di la della differenziazione aromatica, che non è così marcata nelle diverse fasi, abbiamo visto come gli aromi cambino la loro intensità nel tempo. Ma ci sono alcuni altri fattori organolettici che variano in invecchiamento, in primis la distribuzione aromatica tra le foglie, è infatti noto che nei sigari giovani (entro i primi 2 anni post-torcida, dipendentemente dal cepo), sono ancora percettibili note aromatiche differenti tra il piede (annusando cioè le foglie della tripa) e la capa, questo perchè le espressioni organolettiche delle diverse foglie non hanno ancora avuto il tempo di uniformarsi. Anche a livello gustativo, ci sono alcune caratteristiche che variano con l'invecchiamento, benchè i sigari presentino sempre meno note giovanili infatti, è abbastanza frequente che alcune note amare dei sigari rollati da poco scompaiano o si attenuino nel tempo. Nel lungo periodo invece tendono a ricomparire, soprattutto nel primo tercio di fumata, poichè i composti chimici che la contrastano (es gli zuccheri) tendono a degradarsi ulteriormente, soprattutto nella parte aperta (il  piede appunto) più esposta all'aria, dei puros lasciando nuovamente il "dominio" alla nota amara. Sempre nel primo tercio di fumata, per via della maggiore esposizione all'aria, nei sigari molto invecchiati spesso gli aromi sono molto evanescenti, perchè si sono volatilizzati nel tempo (anche per questi motivi, per i lunghi invecchiamenti è consigliabile proteggere i sigari con il cellophane).

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