Ovviamente la politica estera statunitense, e i rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti, sono qualcosa di un po' più complesso ed articolato rispetto al business del sigaro, ma qui, su Cigar Blog, si parla di puros, e quindi commentiamo il risultato "fresco di urna" del voto americano, senza entrare nel merito della politica, e dei risvolti globali, ma tentando di dare unicamente una lettura in chiave fumosa di quello che possiamo aspettarci sul piano dei risvolti di mercato, a seguito di queste elezioni.
Cigar Blog, al contrario di molti altri autori che scrivono di sigari, non ha mai intravisto, nella eventuale fine dell'embargo un grosso problema in termini di mercato e di aumento di prezzo dei puros. E' vero che tutti i mercati sono governati dalla legge domanda/offerta e che una caduta dell'embargo creerebbe una nuova domanda in USA, con conseguente aumento dei prezzi, ma è anche vero che coesistono alcuni fattori di cui tenere conto, e che fanno si che questa eventualità sia meno
pesante di quanto si crede in termini di effetti di mercato.
In primis, chi fuma habanos negli USA lo fa già da anni, e si approvvigiona di sigari cubani da altri mercati come Messico o Canada, in maniera più o meno ortodossa. Ricordiamo che i prodotti cubani non possono (o non potevano prima delle aperture parziali di Obama) arrivare in USA nemmeno tramite stati terzi, era (ed è) quindi prassi comune acquistare habanos a cui venivano tolte scatole e anillas, venduti in scatole anonime o in scatole vuote di sigari di altri paesi.
Quindi, una quota di mercato USA è già nel novero della produzione cubana, mentre il resto del mercato fa già da "calmiere" per prevenire un eventuale boom degli habanos nel mercato statunitense. In primis perchè chi da decenni fuma sigari di altra provenienza, non ha più il "gusto" del cubano nelle sue corde, e quindi il processo di reinserimento sarà molto più graduale, in secundis perchè il mercato americano è inondato di sigari da mass market, contro cui i cubani difficilmente possono competere in termini di prezzo, mentre sui prodotti con prezzi più elevati, la qualità è spesso altrettanto alta, e apre il mercato solamente ad una nicchia di prodotti habanos. Nicchia che si riduce ulteriormente, se pensiamo che una grossa fetta di marchi cubani, è oggi registrata in USA da produttori non cubani (le famose marche-clone), e il percorso che cuba dovrà fare per riappropriarsi dei marchi o per lanciarne di nuovi, è lungo ed incerto.
Ma tornando ad oggi, alla luce di quanto è accaduto alle urne negli Stati Uniti, crediamo che queste considerazioni vadano rimesse in soffitta e rispolverate tra qualche anno, poichè stando alle dichiarazioni pre-elettorali di Trump, che in florida ha avuto un importante sostegno dagli esuli cubani, contrari alla fine dell'embargo, sembra che non ci saranno affari con Cuba finchè Castro (definito "assassino" e "personaggio malvagio sotto tutti gli aspetti") sarà in vita.
Nonostante una probabile violazione dell'embargo da parte di una delle aziende dello stesso Trump (vicenda che risale a fine anni 90), quindi, è probabile che, almeno sul business dei sigari, non vedremo grossi cambiamenti almeno per i prossimi 4 anni. Va da se che, al di la dell'aspetto egoistico da fumatori di Puros, auspichiamo un miglioramento delle condizioni di vita del popolo cubano, che passa anche, inevitabilmente, attraverso la fine dell'embargo.
Infine, esiste un ultimo aspetto, in parte svincolato dai rapporti USA-Cuba, e che potrebbe davvero segnare un cambiamento significativo nella produzione di puros cubani, e anche nei paesi limitrofi, ovvero la fine del regime comunista, e della "dinastia" di Castro. Un ritorno a cuba degli imprenditori privati, inclusi quelli che oggi producono sigari di alta qualità fuori da Cuba, segnerebbe davvero una nuova era, nella differenziazione di marchi e livelli qualitativi, ma anche nell'incremento dello scambio di foglie per il blend (Che già avviene in sordina), che potrebbe essere fatto alla luce del sole, per massimizzare il bilanciamento qualitativo dei prodotti.
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