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il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

27 luglio 2012

Un po di storia: Un sigaro sulle ceneri del convento

Cari lettori e amici, vi segnalo un bellissimo articolo che ho trovato navigando sul web, da leggere tutto di un fiato!

Esiste un edificio, in viale Regina Margherita a Cagliari, denso di storia e di storie: è l'ex manifattura tabacchi. Per più di cent'anni è stato teatro di un lavoro ormai scomparso, quello della sigaraia. Un lavoro speciale che si svolgeva in un luogo speciale: infatti, la manifattura tabacchi, è sorta dalle ceneri di un convento del '400; distrutto dai cannoni spagnoli nel 1717 fu acquisito dal Regio Patrimonio e adibito, dopo le necessarie ristrutturazioni, alla produzione di tabacchi.
 
Con pochi  investimenti iniziali si avviò la produzione di trinciati da pipa e tabacchi da fiuto, ai quali seguì quella dei sigari denominati "toscani". Diventata redditizia, l'azienda viene incamerata dai Savoia, diventando statale. Spina dorsale dell'opificio erano le sigaraie: la produzione dei sigari, totalmente manuale, era affidata esclusivamente alle loro mani. Una storia di donne quella delle signore dei sigari, i camici avana, femminile e femminista. Le operaie sono rudi, devono esserlo per quel mestiere: diciotto mesi di apprendistato sotto la guida esperta delle "maestre", le sigaraie anziane, e si era in grado di confezionare un ottimo "toscano". Formano una compagine che combatte per i diritti sindacali; ottengono, infatti, con le colleghe delle altre manifatture nazionali, le otto ore e mezzo e gli asili nido all'interno del luogo di lavoro. 
 
Alfio Orrù, classe 1928, con la madre sigaraia, il padre tecnico e lui stesso tecnico elettricista, è forse l'ultimo testimone di una famiglia e di una vita in manifattura. Con gli occhi persi nelle memorie di un mondo a parte, racconta la complicità delle sigaraie che si aiutavano a raggiungere il cottimo, magari allattando il bambino della collega; o ancora, del direttore che difendeva le operaie a spada tratta, perchè erano quelle che in manifattura lavoravano più di tutti.
 
Come per tutte le fabbriche, la meccanizzazione dei processi produttivi amputa il lavoro della sua parte poetica, e così le sigaraie scompaiono il 15 dicembre 2001.
Il resto è silenzio. 

Fonte: tratto da www.CagliariPad.it

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