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il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

02 novembre 2014

I tabaccai che non vorremmo

Ma si presta bene anche il titolo: “Sono pazzi questi tabaccai”. E notare che a “pazzi” si potrebbero sostituire tanti altri aggettivi molto meno gentili e garbati. Perché tu entri in tabaccheria gentile e garbato, e spesso ne esci un po’ contrariato, inalberato, per non dire proprio incazzato. E quale città meglio della poliedrica e tentacolare Milano permette di esplorare la fitta e diversificata fauna dei tabaccai italiani?

Il catalogo è lungo, e ce ne è davvero per tutti i (dis)gusti. Da milanese e toscanofilo ho avuto modo di testare quelle che sono ritenute le migliori tabaccherie, salvo accorgermi che spesso solo in teoria soddisfano la loro nomea di rivendite “specializzate”.


Ci sono le tabaccherie assai blasonate. Vetrine tirate a lucido su cui comunque non potrebbe piovere perché protette da gallerie rinomate. Commessi che poco ci manca di trovarli in livrea. Posso capire che vendono sigari e pipe e tabacchi e accessori da fumatore, spesso anche di lusso, ma sono pur sempre sigari e pipe e tabacchi e accessori da fumatore. Niente di più. Eppure spesso entri in templi del fumo lento del genere, e vieni accolto da una freddezza glaciale e sguardi di sufficienza. Entri ed esci, chiedi la scatola di sigari e te la danno: la differenza fra questo tipo di tabaccheria e un semplice distributore automatico non esiste. Ma almeno i sigari sono custoditi in humidor.

Ma il centro è anche popolato da tabaccherie di vecchia data, che vorrebbero ma non possono. Tabaccherie che si trovano insomma in una posizione limbica. A metà: tra quelle che stan sospese. Tabaccherie dove anche qui entri, compri ed esci, ma per fortuna senza essere messo in soggezione. Sono quelle tabaccherie di cui sicuramente si è sentito parlare su internet, ma che vendono i soliti quattro Toscani e basta, spesso fuori dall’humidor. Oddio, quando esce qualche novità (spesso di infimo livello) te la propongono (l’avessero mai fatto!), a monosillabi e anche tu non puoi far altro che limitarti a un equivalente monosillabo, un sì o un no. Il commesso è sicuramente più affabile di quello della prima tabaccheria, ma nemmeno troppo, perché punta a non consumare troppe energie in parole, preferendo starsene zitto.

E poi ci sono le tabaccherie come Dio comanda. E Dio comanda quasi sempre bene. Sono spesso tabaccherie nei pressi del centro, dove entri e sei accolto da una calda cordialità, e competenza, tanta. Il commesso ci tiene ai suoi sigari, e ci sa fare. Vende anche gomme da masticare e biglietti dell’autobus o abbonamenti per la metro, ma sa anche trovare tutto il tempo del mondo per spiegare ai suoi clienti, anche ai più giovani e non abituali, la propria merce. È una figura di tabaccaio in via d’estinzione, che è probabile vederlo tra non molto nelle teche di un museo di scienze naturali o in qualche riserva protetta. È il tabaccaio che vorremmo.

Ma il mondo in fondo è bello perché avariato, e anche quest’ultimo modello di tabaccheria non è esente da critiche. Non di rado capita che il tanto gentile tabaccaio si faccia sostituire temporaneamente da qualcuno che non sa una mazza di sigari, ma tentenna fra gli scaffali alla ricerca del Toscano che gli hai chiesto e non s’arrischia a fare domande che metterebbero in luce la sua abissale incompetenza né a spiccicare verbo.


A volte però si sente coraggioso e, se ha davanti un acquirente comunque maggiorenne al quale però ancora la prima lanugine non è spuntata, arriva a chiedere: “Ma lei è maggiorenne? Non si sa mai che il Gabibbo…”.

STEFANO VITTORI

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