A seguito dell'ottima cena di pesce, presso il ristorante I vecchi Leoni, e grazie all'amico Mirco Galletti, abbiamo potuto provare un sigaro honduregno degli anni 70, nella fattispecie
un Private Stock no.2 di Rey Del Mundo (marca clone per il mercato USA), annoverabile nella famiglia dei lonsdale per l'international shape. Un sigaro prodotto agli albori del mercato caraibico extracubano e probabilmente tra le prime marche clonate con nomi cubani per il mercato americano post-embargo. L'esperimento, unico, almeno a nostra conoscenza, in Europa, è partito senza troppe aspettative, poichè conoscendo l'odierno mercato honduregno, si ha la chiara sensazione di come i sigari di quel paese, che pure producono qualche sigaro di qualità elevata, mal si prestino a lunghi invecchiamenti.
La partenza del sigaro, come molti dei sigari vintage che chi vi scrive ha provato, è stata abbastanza evanescente per i primi 1-2 cm, con pochissime note aromatiche al naso, e toni amaro e sapido dominanti in bocca. Questo ingresso è abbastanza tipico di sigari molto invecchiati, anche se conservati in cellophane come il sigaro in questione, poichè il piede, aperto, è più esposto all'ossidazione e alla perdita di aromi per evaporazione. Permangono quindi la nicotina, che di per se è amara, ed i minerali che normalmente danno una nota sapida al fumo.
fino a questo punto, tutto sembrava andare secondo le aspettative, ed avevamo già il Toscano di riserva, pronto a supplire alla scarsità della fumata, qualora ce ne fosse stato bisogno, ma dopo i primi puff il sigaro ha cominciato ad evolvere, in maniera quasi sorprendente, sempre in relazione a un sigaro di quella provenienza ed età.
Allo stesso modo la forza, quasi assente in ingresso, si è rivelata, seppure mai con punte elevatissime, in maniera abbastanza importante sul finale, tanto da rendere l'abbinamento con il calvados, che in fase iniziale era sembrato nettamente sbilanciato verso il distillato, molto equilibrato sul finale.
Intendiamoci, non stiamo parlando, come qualità, di sigari paragonabili ai grandi vintage cubani di razza, ma comunque di un sigaro, che dalle aspettative doveva essere prossimo allo zero, gustativamente parlando, che invece secondo il parere di tutti gli astanti si è rivelato essere molto gradevole, senza nulla da invidiare a diversi sigari odierni di fascia medio-alta per quel paese di provenienza.
Le motivazioni sono forse da ricercare in un diverso approccio dell'epoca nel produrre sigari e tabacco fuori da cuba, probabilmente con l'utilizzo di varietà cubane che oggi non si trovano più, ma soprattutto nell'ottica di fornire al consumatore americano dell'epoca un sigaro di carattere cubano, visto che all'inizio dell'embargo gli aficionados americani, a differenza di oggi, avevano ancora il gusto orientato verso i tabacchi della Isla. Si producevano quindi probabilmente honduregni di maggior corpo rispetto ad oggi, e quindi anche più adatti all'invecchiamento.
Questa esperienza apre non poche prospettive sulla potenzialità di invecchiamento dei sigari caraibici, e smentisce di fatto la generale convinzione che l'invecchiamento sia possibile solo nei sigari cubani.
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