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il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

11 ottobre 2014

20 euro: meglio Opera o Antica Riserva?


Fino a prova contraria scrivere e far leggere le proprie opinioni sui sigari è anche pericoloso. Eppure necessario, soprattutto di questi tempi. Non sarà sfuggito che la Manifattura del Sigaro Toscano sta continuando ormai da mesi il perverso gioco di torchiare i portafogli dei suoi affezionati consumatori, sparando a raffica sul mercato le novità. E il giochetto diventa davvero diabolico quando su queste maledette novità tra toscanofili si intavola la discussione e, con l’acquolina in bocca, ci si pone a vicenda la fatidica domanda: i 20 euro è meglio spenderli per il Toscano Opera, cioè la novità, o per la buona Antica Riserva? Spesso capita che nella combriccola di toscanofili ci sia il toscanofilo illuminato che, avendo già provato la novità, darà il responso, e su questo gli altri si baseranno per spendere i 20 euro per l’Opera o l’Antica Riserva.


Sono settimane che si ripete questo stanco rituale che mi ha fatto venire in mente qualcosa accaduto nel mondo della letteratura tempo fa, ma che ha da spartire anche col sigaro italiano. Qualche mese fa su internet e i social network è circolata per qualche giorno una lettera di Cesare Pavese, il famoso poeta che nel Novecento ha fatto conoscere agli italiani la letteratura americana, fino ad allora tenuta sotto silenzio dalla censura fascista. Eccola:

A Giulio Einaudi, Torino.

Torino, 14 aprile 1942

Spettabile Editore,

Avendo ricevuto n. 6 sigari Roma – del che Vi ringrazio – e avendoli trovati pessimi, sono costretto a risponderVi che non posso mantenere un contratto iniziato sotto così cattivi auspici. Succede inoltre che i sempre rinnovati incarichi di revisione e altre balle che mi appioppate, non mi lasciano il tempo di attendere a più nobili lavori. Sì, Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi, con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potrete sperare dagli stessi un rendimento superiore alle loro possibilità.

C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La Natura insomma ci chiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suo appello.

Fatevi fare il Bini da un altro.

Cordialmente. C. Pavese

Questa lettera è stata presa da “Cesare Pavese” di Franco Vaccaneo, Gribaudo Editore (2011). A seguito della messa in rete della lettera, subito i bravi lettori si sono dati da fare in un capolavoro di italianità, un capolavoro incompleto.

Certo: senso comune e miopia hanno diretto le immediate reazioni sulla rete. I primi hanno commentato rimpiangendo i bei vecchi tempi andati in cui si poteva trattare così con gli editori, o quando gli editori ti mandavano almeno i sigari. I secondi hanno ammesso, credendo di essere ancora più spiritosi dei primi, che la scatola di sigari in questa storia è un tocco di classe. Ma quelli più curiosi sono i terzi che hanno tratto da questo frammento un importante insegnamento per la vita di tutti i giovani: questa lettera deve essere un monito per tutti i giovani che in procinto di sgomitare nel mestiere di intellettuale sono disposti a qualunque cosa pur di vedere il loro nome pubblicato.

Un attimo: se buon senso critico e acutezza avessero diretto i commenti dei lettori non si sarebbe arrivati a tante e simili boiate, all’ombra dei famosi sigari Roma di cui parla Pavese. Eh sì, perché quel che viene immediatamente dopo a quella lettera, nel libro da cui è tratta, è la soluzione al malinteso. Ma evidentemente i veloci commentatori non avevano tempo per soffermarsi e girare la pagina del libro di Vaccaneo e scoprire che la lettera da loro commentata non faceva altro che rispondere in toni altrettanto scherzosi a una lettera-contratto di Giulio Einaudi, del 4 febbraio.

Egregio Signore,

Siamo a proporVi di curare per la «Biblioteca universale» dello Struzzo il Manoscritto di un prigioniero di Carlo Bini, corredato da una introduzione inquadratrice e delle note essenziali.

Certi che il nome dell’insigne curatore (oltre al centenario della morte di Bini) sarà sufficiente ad assicurare il successo del volume, osiamo proporVi come anticipo su un compenso a forfait di L. 800, n. 6 Sigari Roma che Vi saranno portati di persona dal nostro Titolare alla sua prossima venuta costì.

Grati se vorrete favorirci un cenno di conferma, Vi porgiamo i nostri più rispettosi saluti.

Giulio Einaudi         

I miei 300 lettori più esperti potrebbero obiettarmi: eh ma nel 1946 Pavese si lamentò con Einaudi del ritardo nel pagamento degli stipendi da parte della casa editrice. Verissimo; ma è anche vero che nel 1942 (l’anno della lettera incriminata) Pavese fu assunto da Einaudi “con il doppio dello stipendio”. Così le cose cambiano un bel po’ e improvvisamente perdono di valore tutte le elucubrazioni dei più illuminati che (forse in buona fede) hanno ingannato quanti si sono basati sul loro parere.

Più o meno è quanto accade oggi con le novità della MST. Molti nemmeno se ne avvicinano, perché prevenuti dalle parole degli illuminati. Loro, i 20 euro li spendono per gli Antica Riserva. E anche chi vi scrive rientra nel novero di chi i 20 li spenderebbe solo per gli Antica Riserva. Ma è anche vero che c’è un bel rischio. E cioè quello di precludersi nuove esperienze all’insegna del Toscano solo per essersi basati sul sentito dire da altri che invece l’esperienza l’hanno fatta. Un po’ di personale spirito critico ci vorrebbe.

Ma, forse, in effetti, finché la MST metterà sul mercato novità come l’Opera che, in una scala da 1 a 10, difficilmente raggiungerebbe il 2, forse il problema nemmeno si pone. 



STEFANO VITTORI

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