Simone Fazio (Zap) per Cigar Blog (CB) – Ciao Luigi, innanzitutto ti ringrazio a titolo personale e a nome di tutto lo staff del blog per aver accettato di rilasciarci un’intervista. Per prima cosa vorrei chiederti, a beneficio soprattutto dei neofiti che ci seguono, perchè i fumatori di lungo corso non possono non conoscerti, di descrivere un po’ il tuo percorso di appassionato di sigari, ripercorrendo le tappe salienti della tua passione, da quando hai iniziato a fumare sino ad oggi.
Luigi Ferri (LF) – Un percorso davvero lungo, iniziato nel 1980, una sera al ristorante, durante un soggiorno in Brasile. Il mio primo sigaro è stato un Panetela di Suerdieck. Ripartendo per l’Italia comprai la prima scatola. Poi, nel 1982, mentre ero in vacanza in Spagna, ho fumato i miei primi cubani. In quel decennio, i sigari cubani dominavano ancora il mercato e per rifornirsi bisognava per forza andare all’estero, e le mete più vicine e frequentate per noi appassionati erano la Spagna e la Svizzera. Gli amici, conoscendo la mia “strana” passione, me li portavano anche dai loro viaggi, e così riuscivo comunque ad avere una scorta permanente di 400-500 pezzi, non solo cubani, ma anche, alla fine del decennio, dominicani e honduregni. Per quanto riguarda i Toscani, nella seconda metà degli anni ’80, fumavo anche l’Extravecchio e l’Antico, che nel frattempo erano migliorati, dopo un periodo oscuro. Negli anni ’90, ho viaggiato molto all’estero, anche in America, e ho avuto vaste possibilità di scelta. Poi c’è stata finalmente l’apertura del nostro mercato alle importazioni dei premium cubani e caraibici. Negli ultimi vent’anni ho potuto quindi davvero esplorare quasi tutte le principali produzioni mondiali.
CB - E’ noto nel mondo del sigaro italiano il tuo approccio “super partes” nel fumare sigari, sei stato il primo italiano a trattare in maniera ampia il mondo dei sigari centro-sud americani, nel tuo primo libro (L’Emporio del Sigaro), tema ripreso ed ampliato nell’ultima tua pubblicazione che abbiamo anticipato sul Blog qualche giorno fa. Questo tipo di approccio è abbastanza diffuso nei fumatori che hanno iniziato da pochi anni a fumare, meno presente invece nei fumatori di lungo corso, probabilmente a causa della scarsa disponibilità in Italia di caraibici non cubani fino agli anni 2000. Immagino tuttavia che tu abbia come tutti un range di sigari preferiti, ci racconti come si suddividono le tue fumate da Aficionado? Oltre al tuo approccio da esperto che prevederà sicuramente un certo numero di fumate “tecniche” su nuovi prodotti e quant’altro, fumi abitualmente sigari di diversa provenienza o hai particolare preferenza verso un paese, una famiglia di formati o una marca in particolare?
LF – Qui bisogna distinguere le fumate “tecniche” (valutative o esplorative) da quelle “libere”. Per le prime sono convinto che occorra seguire delle “regole”, come quella di abbinare solo acqua o eseguire le degustazioni in determinati momenti della giornata o addirittura - se utile - fare una degustazione tecnica “comparata”, cioè fumare in contemporanea due o più sigari per verificarne le differenti caratteristiche. Le fumate “tecniche” le dividerei in “valutative” (se devi assegnare anche un punteggio) o “esplorative” (se sono finalizzate solo all’esame del prodotto). Per queste seconde, può essere utile provarle in diverse situazioni e con diversi abbinamenti, con alcolici o analcolici, per vedere quale è il più adatto. Mentre le “valutative” è meglio farle alla “cieca”, per le “esplorative”, al contrario, è necessario studiare prima bene il prodotto sulla carta, per poi esaminarlo in tutti i suoi aspetti durante la fumata (provenienza, età e composizione dei tabacchi, combustibilità, ecc.), annotando anche le proprie sensazioni. Penso sia un buon modo per imparare a conoscere i vari tabacchi e i vari prodotti.
Le fumate “libere” sono invece quelle in cui scegli il prodotto che in quel momento vuoi accenderti, con il solo desiderio di regalarti, in totale relax, i momenti meravigliosi che un sigaro può riservare. In questo mi trovo perfettamente d’accordo con Zino Davidoff. Ogni momento della giornata, come pure la situazione ambientale o psicologica, può richiedere un sigaro differente. E ancora, ritengo preferibile cominciare la giornata con dei sigari leggeri, per poi salire di forza e intensità, fino a quello serale, dopo la cena. Però, attenzione - sempre come Davidoff - sono convinto che non occorra stare continuamente col sigaro in bocca: uno o due sigari al giorno, di cui anche uno piccolo, sono sufficienti, nei momenti giusti, a soddisfarci pienamente. Non ho mai pensato che sia la quantità a fare di un fumatore un esperto e ancor meno un amatore, bensì la filosofia della fruizione, basata sulla consapevolezza e la sapienza della scelta. Penso di aver indirettamente risposto anche alla tua domanda sulle mie preferenze. Non ne ho alcuna riguardo alla provenienza, ma solo relativamente alle caratteristiche qualitative e di fruizione dei prodotti, anche se alcune marche e vari sigari sono più nel mio cuore. Per non dimenticarne qualcuno e fargli un torto, parliamo di formati. I miei preferiti di uso corrente sono il Churchill, il Petit Corona, il Corona, il Corona Gorda, il Robusto, la Piramide e il Panetela. Come vedi non amo affatto le tendenze recenti per i calibri grossi – oltre il 52 di ring gauge – anche se non mancano pure lì degli ottimi prodotti, come il Cohiba BHK 54, né amo ugualmente i formati corti e grossi, che esprimono proprio l’opposto della mia filosofia del fumo lento.
CB - Approfittiamo della tua ampia conoscenza del mondo del tabacco nel suo complesso (nel tuo ultimo libro parli di ben 21 paesi produttori di tabacco e di sigari), per chiederti quali sono a tuo avviso i fattori di successo che stanno portando alcuni paesi (l’esempio più eclatante è il Nicaragua, anche se non mancano esempi simili, in proporzione minore, per alcuni altri paesi centro-sud americani) ad espandersi più di altri in termini qualitativi e di numero di pezzi esportati.
LF – I fattori sono molteplici, ed esporli in poche righe è davvero difficile. In questo libro li ho citati più volte (lo avevo già fatto anche nel libro L’Emporio del Sigaro del 2002) e, per sintetizzare, li riduco sostanzialmente a tre: il fattore genetico della pianta, il terroir (clima, ambiente ecc.), le tecniche umane (ricerca scientifica, conoscenze, tradizioni ecc.). Cuba li ha sempre avuti al massimo grado, tra l’altro da cinque secoli. Oggi, si avvertono dei fenomeni di “erosione” di questa supremazia totale. A distanza di oltre cinquant’anni dalla rivoluzione castrista, diversi prodotti dei tre grandi paesi caraibici (Repubblica Dominicana, Nicaragua e Honduras) competono alla pari con vari prodotti cubani, perché questi tre fattori - di cui ho parlato - sono stati ottimizzati. Anche il terroir dei nuovi paesi, che potrebbe sembrare un fattore immodificabile, in un certo senso è stato “migliorato”, con la scoperta di nuovi areali e con l’abbinamento ottimale del fattore genetico con la specificità dei diversi micro-terroir. Ora, dopo la Repubblica Dominicana e l’Honduras, è il grande momento del Nicaragua, soprattutto sul mercato Usa. Rispetto agli altri due, sembra offrire una maggiore varietà produttiva nei tabacchi, che permette la costruzione di puros eccellenti e, in questa contingenza, anche un vantaggio relativo nei costi di produzione, quindi anche sulla qualità/prezzo. Gli scenari futuri sono però – a mio parere – alquanto indecifrabili, in gran parte condizionati dalla futura riapertura del mercato americano ai sigari cubani, e alle modalità di questa riapertura, che prima o poi arriverà.
CB – Da aficionados accogliamo sempre con entusiasmo i nuovi libri sui sigari, salvo poi accorgerci che molte delle informazioni contenute nelle varie pubblicazioni sono le stesse che circolano da anni, rimaneggiate in termini linguistici, ma che aggiungono poco alla conoscenza del fumatore. Come ho avuto modo di anticipare sul blog, nei tuoi 4 libri sei sempre riuscito a parlare di questo nostro affascinante mondo fumoso sotto prospettive nuove, a cominciare dall’Emporio del Sigaro, citato prima, continuando con “Conversazioni sul Sigaro” nel quale raccogli le esperienze e i punti di vista dei personaggi legati al mondo del sigaro italiano e non solo, fino a Sigari Cubani, che aggiunge, oserei dire, al tradizionale libro sugli habanos, l’approccio tutto italiano del consumatore molto attento al gusto, oltre che agli aspetti storici e culturali legati ai puros. Nel tuo ultimo libro offri invece una visione esaustiva sugli aspetti di storia, costume, cultura, ma anche terroir, coltivazione e manifattura del sigaro a livello mondiale. La domanda è la seguente: quanto lavoro di ricerca è necessario per essere innovativi non su uno, ma su ben quattro libri sui sigari? Immagino che il tuo ultimo lavoro sia frutto di tutti gli anni di esperienza da aficionado, ma se tu dovessi fare un conto approssimativo, quanto tempo hai dedicato alla raccolta e al riordino delle informazioni per arrivare a questo ultimo testo di oltre 650 pagine?
LF – Ringrazio per le tue considerazioni. Se sono riuscito a portare delle innovazioni nel mondo del sigaro, credo che sia dovuto all’impegno intellettuale con cui ho cercato sempre di trasmettere le mie convinzioni, la mia passione e il mio entusiasmo a tutti, senza per forza essere convinto di possedere la verità assoluta. Questo libro nasce lontano nel tempo. L’idea e i primi abbozzi sono del 2005, interrotti per scrivere prima il libro “Sigari Cubani” con Mondadori nel 2006 e poi “Conversazioni sul Sigaro” nel 2007. Quindi l’ho ripreso nel 2010 - praticamente un nuovo inizio anche nella progettazione - e l’ho portato avanti con calma, nel tempo libero, approfondendo paese dopo paese e accompagnando la scrittura con l’esame dei diversi prodotti, per realizzarlo però nelle parti fondamentali solo negli ultimi 12 mesi.
CB – Il nostro blog è seguito da molti neofiti, ai quali cerchiamo di dare consigli e linee guida da seguire per approcciarsi nella maniera più corretta al mondo del sigaro, al netto dei gusti personali ovviamente. Se tu dovessi scegliere uno o due consigli ”indispensabili” da dare a qualcuno che si sta avvicinando ora a questo mondo, quali sarebbero?
LF – Anche sulla base di quanto ci siamo detti prima, il primo consiglio è quello di avvicinarsi a questo mondo con curiosità e voglia di apprendere, cercando di farsi un’esperienza quanto più vasta possibile senza convinzioni precostituite, meglio se frequentando amici più esperti o anche dei corsi di approfondimento. L’altro consiglio – se vogliamo – è di ordine etico: cioè di ricordarsi sempre che il sigaro fatto a mano è un prodotto naturale di una straordinaria complessità, frutto della dedizione e del lavoro, attraverso gli anni, di tante donne e uomini e che merita pertanto di essere consumato con grande rispetto, lo stesso di un grande prodotto gastronomico o enologico. Anzi, il grande sigaro è tuttora figlio di una serie di elaborazioni solo manuali, quasi in totale assenza di meccanizzazione, che non hanno eguali al mondo, neanche nella produzione dei più grandi vini.
CB – Come hai visto evolversi negli anni il mondo del sigaro in Italia? E quali sono le prospettive future che, sulla base della tua esperienza, puoi ipotizzare?
LF – In questi ultimi dieci anni ho visto crescere l’associazionismo, con la nascita di numerosi soggetti culturali di appassionati, di vario genere. Così come sono emersi nuovi canali di informazione: riviste, cartacee e/o digitali, e vari siti internet, anche di valenti opinionisti. Anche gli eventi si sono intensificati e mi sembra che sia cresciuta la quantità e la qualità media in tutte le regioni. Per il futuro credo anzitutto che sia importante dare continuità a questo trend, consolidando la presenza e l’attività dei diversi punti di incontro degli appassionati, nella speranza che diventino dei soggetti permanenti. A mio parere, la prospettiva futura, nella quale è necessario credere e lavorare, rimane sempre la stessa: quella di “affrancare” il più possibile il fumo lento dalla visione strisciante “proibizionista” o comunque“limitazionista” – come ho scritto in questo libro – che colpisce la sigaretta, in ragione di una diversità profonda. Questa azione deve essere promossa ovviamente prima su un piano culturale per poter conseguire poi degli effetti sul piano sociale ed economico-fiscale.
CB – Permettici, come Blog, di approfittare della tua esperienza per chiederti un parere, sul nostro spazio fumoso virtuale: descrivici, secondo la tua impressione, una cosa che apprezzi del blog e una che invece vorresti fosse migliorata.
LF – A mio parere e senza piaggeria inutile, il vostro è uno dei siti migliori e apprezzo l’approccio indipendente alle diverse problematiche e alle degustazioni. Spero che questo approccio sia conservato nell’interesse di tutti i lettori e della serietà della “testata”. Per quanto riguarda eventuali miglioramenti, anche se non mancano, vedrei bene l’inserimento di più video, che sono uno strumento di ulteriore approfondimento. Salutandovi, vi ringrazio per l’interesse che avete manifestato per questo nuovo libro e per gli apprezzamenti nei miei confronti.
CB – Ti ringrazio di nuovo a nome di tutto lo staff, per aver accettato di concederci questa intervista, sperando di incontrarci presto in occasione di qualche evento fumoso, per “compartir” un buon sigaro e fare quattro chiacchiere al salire delle volute di fumo.
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