contattaci: cigarblog1@gmail.com
il contenuto del blog è rivolto a fumatori maggiorenni e consapevoli, che vogliono condividere la cultura legata al mondo del sigaro, non si vuole in alcun modo promuovere l'uso di tabacco. Si ricorda che in ogni sua forma, IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

07 ottobre 2014

Sigaro Honduras anni 70 in degustazione collettiva a Imola

Slow Smoke Santerno non poteva celebrare in maniera migliore la memoria del socio, scomparso un anno fa, Leonida "Leo" Falzoni, che da appassionato di gusto quale era, oltre che persona eccezionalmente affabile e cordiale, avrebbe di certo apprezzato l'esperimento che è stato fatto in occasione della cena commemorativa in suo onore, .
A seguito dell'ottima cena di pesce, presso il ristorante I vecchi Leoni, e grazie all'amico Mirco Galletti, abbiamo potuto provare un sigaro honduregno degli anni 70, nella fattispecie
un Private Stock no.2 di Rey Del Mundo (marca clone per il mercato USA), annoverabile nella famiglia dei lonsdale per l'international shape. Un sigaro prodotto agli albori del mercato caraibico extracubano e probabilmente tra le prime marche clonate con nomi cubani per il mercato americano post-embargo. L'esperimento, unico, almeno a nostra conoscenza, in Europa, è partito senza troppe aspettative, poichè conoscendo l'odierno mercato honduregno, si ha la chiara sensazione di come i sigari di quel paese, che pure producono qualche sigaro di qualità elevata, mal si prestino a lunghi invecchiamenti.
La partenza del sigaro, come molti dei sigari vintage che chi vi scrive ha provato, è stata abbastanza evanescente per i primi 1-2 cm, con pochissime note aromatiche al naso, e toni amaro e sapido dominanti in bocca. Questo ingresso è abbastanza tipico di sigari molto invecchiati, anche se conservati in cellophane come il sigaro in questione, poichè il piede, aperto, è più esposto all'ossidazione e alla perdita di aromi per evaporazione. Permangono quindi la nicotina, che di per se è amara, ed i minerali che normalmente danno una nota sapida al fumo.
fino a questo punto, tutto sembrava andare secondo le aspettative, ed avevamo già il Toscano di riserva, pronto a supplire alla scarsità della fumata, qualora ce ne fosse stato bisogno, ma dopo i primi puff il sigaro ha cominciato ad evolvere, in maniera quasi sorprendente, sempre in relazione a un sigaro di quella provenienza ed età.
Pian piano il "naso" ha cominciato a riempirsi, prima con toni di goudron (anche questi tipici dei sigari aged), poi con legno ed infine note terrose sul finale. In bocca sono comparsi via via tutti i sapori primari, compreso il dolce ed una lieve acidità in grado di risvegliare la salivazione, un po' annichilita dall'incipit sapido-amaro, ad un certo punto è comparsa anche una sorta di piacevole cremosità del fumo, che ricordava molto da vicino i cubani aged.
Allo stesso modo la forza, quasi assente in ingresso, si è rivelata, seppure mai con punte elevatissime, in maniera abbastanza importante sul finale, tanto da rendere l'abbinamento con il calvados, che in fase iniziale era sembrato nettamente sbilanciato verso il distillato, molto equilibrato sul finale.
Intendiamoci, non stiamo parlando, come qualità, di sigari paragonabili ai grandi vintage cubani di razza, ma comunque di un sigaro, che dalle aspettative doveva essere prossimo allo zero, gustativamente parlando, che invece secondo il parere di tutti gli astanti si è rivelato essere molto gradevole, senza nulla da invidiare a diversi sigari odierni di fascia medio-alta per quel paese di provenienza.
Le motivazioni sono forse da ricercare in un diverso approccio dell'epoca nel produrre sigari e tabacco fuori da cuba, probabilmente con l'utilizzo di varietà cubane che oggi non si trovano più, ma soprattutto nell'ottica di fornire al consumatore americano dell'epoca un sigaro di carattere cubano, visto che all'inizio dell'embargo gli aficionados americani, a differenza di oggi, avevano ancora il gusto orientato verso i tabacchi della Isla. Si producevano quindi probabilmente honduregni di maggior corpo rispetto ad oggi, e quindi anche più adatti all'invecchiamento.
Della storia post vendita sappiamo ben poco, semplicemente ci è dato sapere che il box è stato regalato ad una persona che l'ha poi conservato intatto in una cantina a condizioni costanti per decine di anni. Questo forse, unito alla conservazione in cellophane, l'ha portato ai giorni nostri con queste caratteristiche. Nel lungo invecchiamento infatti, la costanza delle condizioni di conservazione, anche se i parametri non sono quelli ottimali (certo non parliamo di conservazioni a 30 gradi con una umidità del 90%), gioca un ruolo fondamentale nel limitare la senescenza del tabacco, ma i motivi legati a questo li spiegheremo in un altro articolo.
Questa esperienza apre non poche prospettive sulla potenzialità di invecchiamento dei sigari caraibici, e smentisce di fatto la generale convinzione che l'invecchiamento sia possibile solo nei sigari cubani.


Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...