Il fulmine colpì di nuovo il 7 febbraio 1962. In questo giorno gli emigrati cubani ebbero, così almeno sembrò, un'altra possibilità. Il presidente Kennedy, come noto, infatti, firmò un documento per iniziare un embargo economico contro Cuba: d'ora in poi i sigari e il tabacco prodotto sull'isola non potevano essere esportati o venduti in America.
I produttori americani naturalmente cercarono di “salvare la giornata” con le proprie risorse, ma i risultati furono più che modesti, e così tutti gli occhi erano rivolti al emigrati cubani.
La prima fabbrica di sigari fu aperta a metà del 1961 a Miami dal cubano Simon Camacho. Presto tre rifugiati eminenti seguirono il suo esempio: Jose Padron, Efraim Gonzales, e Juan Sosa. Ma la lontananza delle piantagioni e l'alto costo del lavoro facevano dei sigari Miami made prodotti troppo costosi, e i cubani si armarono per cercare altre aree di produzione.
La scelta cadde sulle Isole Canarie: in questa provincia spagnola, situata nell'Oceano Atlantico al largo della costa africana, i sigari, come abbiamo visto in altri posti, erano stati prodotti per lungo tempo. È vero, erano di qualità molto mediocre e destinati principalmente al consumo interno. Ma questo non bloccò gli immigrati cubani: avevano i semi di tabacco portato da Cuba, e le Canarie avevano le risorse e gli specialisti, in aggiunta ai quali, i costi del lavoro sarebbero stati molto inferiori rispetto a Miami. E i maestri cubani potevano raggiungere standard lavorativi di qualità ovunque.
Il primo sigaro sviluppato appositamente per il mercato americano fu prodotto nelle isole Canarie nel 1964 da Alonso Menendez e Pepe Garcia, che chiamarono la loro creazione Montecruz – nome analogo a quello dei sigari Montecristo che avevano una volta prodotto a Cuba. Sorge, ora, la domanda: perché Menendez e Garcia non usarono il nome popolare della loro ex marca? Per inciso, furono gli unici a prendere questa decisione.
Prendiamo il caso, per rispondere, di Hoyo de Monterrey, i cui diritti appartenevano a Fernando Palicio. I suoi partner americani erano i magnati del tabacco Frank Llaneza e Dan Blumethal. In quei giorni caotici, con l'embargo a venire, ben presto essi capirono la situazione e furono stati in grado di comprare quasi tutto il tabacco cubano che si trovava negli Stati Uniti. Per riprendere le parole di Frank Llaneza, grazie ad una serie di occasioni fortunate sviluppatesi al momento giusto, la loro azienda Villazon & Co. «durante la notte» si trasformò da piccolo produttore sconosciuto in un vero gigante del settore sigaro in America. Gli Hoyo de Monterrey prodotti a Tampa nel 1963 furono venduti in scatole con la frase 'fatto con vera foglia Avana’. Questo, insieme con l'autorità di Fernando Palicio, garantì un successo senza precedenti sul mercato americano.
Nel 1965 Fernando Palicio morì, ma poco prima della sua morte vendette i suoi diritti di Hoyo de Monterrey e Punch a Frank Llaneza. Villazon & Co. avrebbe continuato a produrre Hoyo de Monterrey con tabacco cubano fino alla fine del 1960. Quando le riserve cominciarono a scarseggiare, gli americani gradualmente modificarono la composizione dei loro sigari, in modo abbastanza “indolore” sostituendo tabacco cubano con tabacco da altri paesi. Nel 1969 la produzione fu, poi, spostata in Honduras. Ben presto apparve un altro doppio con la marca Punch.
Bellissimo articolo!!! hai toccato due punti cardine dell'evoluzione postrivoluzionaria e post-embargo cubana: la creazione di marche-clone per il menrcato USA, e l'utilizzo diffuso di semilla cubana per le piantagioni, quest'ultimo fattore ha inciso in maniera importante (negativamente) sulla qualità del tabacco coltivato fuori da cuba, varietà cubane infatti difficilmente risultano ugualmente performati in territori diversi da cuba, e infatti la chieva di successo delle grandi marche caraibiche degli ultimi anni è stata la produzione di semilla selezionata per i propri areali.
RispondiEliminaUn altro aspetto estremamente interessante di questo articolo che pochi conoscono è l'enorme interesse che i produttori di tabacco rivolsero alle isole canarie subito dopo l'embargo, le terre vulcaniche e i suoli "giovani" infatti garantiscono ottime performance produttive, oggi i costi manodopera europei rendono sconveniente produrre alle canarie, ad eccezione di qualche marchio premium di qualità non eccellente però, esistono piccole produzioni autoctone di sigari a tripa corta molto interessanti, in particolare prodotti sull'isla de la palma. Grazie ancora per il bellissimo articolo e gli interessantissimi spunti di riflessione!!! abràzos :)
Bellissimo Post, non conoscevo questo blog! Complimenti!
RispondiEliminaCristian
Ciao Cristian è un piacere accogliere sempre nuovi lettori, stiamo cercando di migliorarci tutti i giorni per avvicinare sempre più persone a questo mondo affascinante!
RispondiEliminate come sei venuto a conoscenza di questo sito?
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RispondiEliminaPerò spulciando la memoria gia se ne era parlato sul forum Accademia del Fumo lento del quale facevo parte (nick LazzaroS.Andrea).
Grazie a voi per l'accoglienza e complimenti per il blog ricco di argomenti interessanti, mai banali e pieni di nozioni a me sconosciute!
Riguaro dal divulgarvi, statene certi! Ho già messo sulla mia bacheca FB un vosto articolo!
In bocca al lupo ed a presto, in attesa di un nuovo articolo!
Cristian
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