un altro racconto del concorso letterario apuano
George Mason
Blu Walsh
(Le Storie del Bureau 9, Anno 99)
Se non lo vedi non è detto che non esista.
(Da qualche Parte Vicino Glasgow, Anno 99)
Se c’era qualcosa che faceva inquietare P. in maniera fuori dal normale, non che avesse molto di normale, era, tra tutte le cose, un sigaro che dovevi sprecarci accendini su accendini per farlo andare.
-Non ci siamo!- Pensò tra se e se.
La testa gli diceva di sbriciolarlo in pipa, ma i tempi del fumo lento davanti ad un camino con un Whisky erano finiti da lungo tempo.
E non per scelta sua.
Lo schermo del Computer lo osservava, come sempre, in attesa che gli desse una qualche istruzione, ma P. non aveva molto da fare in quella fredda notte scozzese, se non cercare di accendere un sigaro e leggere l’ennesimo rapporto delle squadre investigative.
Rapporto che era la fotocopia di altra, che a sua volta era la copia di uno scritto da tizio nel Bureau X da qualche altra parte nel mondo.
-Al diavolo- si disse, gli dessero dei moduli pre-compilati e gli togliessero la voglia di creare e compilare copiando cose trite e ritrite.
AD ESEMPIO, disse a voce alta alla stanza semi vuota, facendo sobbalzare R, la quale, in quanto donna, gli lanciò una occhiata tra il preoccupato e lo schifato.
Accortosi del danno fatto, rimase in silenzio, prese il taglia sigaro, lo tagliò alla base, ne tolse la parte bruciata, lo massaggiò tra le mani mentre leggeva:
“Caso Numero 14679, Anno 99, Londra, Pub The Headless Cross
Agenti 129 e 156 presenti sul posto.
Chiamata ricevuta attorno alle 03.23 A,M.
Arriviamo alle 3.45, essendo di ronda li vicino (CASO STRANO!- pensò con Malizia P.)
Il Proprietario dell’ Immobile, Mr Haswer, ci fa entrare dalla porta del retro per non disturbare la clientela che ancora sostava nel Pub.
Ci conduce nel retro, dove conserva le cose da mangiare e ci mostra bottiglie sparse per ogni dove e cibo tirato contro le pareti. Ci avvisa, inoltre, che anche al bancone del bar sono stati visti volare
bicchieri e una bottiglia ha quasi preso in piena fronte una barista. Ovviamente ora come ora vi è grande panico, ma il Gestore è stato bravo a dare la colpa ai Bus di passaggio e ai Camion che stanno facendo manutenzione notturna.
Preghiamo il Gestore di Allontanarsi e, chiusa la porta alle spalle iniziamo subito a...”
Bla bla bla per altri 4 fogli e alla fine era il solito Insurrezionale che voleva ritornare dove era vissuto per anni e giù scuse sulla violazione da parte dei viventi della sua abitazione e via discorrendo.
Punizione: 24h di Gabbia e poi via.
P sbuffò mentre buttava fuori il fumo del sigaro finalmente acceso.
-Tutte così. Insurrezionalisti. Sperduti. Riottosi, qualche Furia...
I Tempi d’oro in cui il Bureau si occupava di cose magnifiche e pericolose era finito. E, forse, anche il Bureau e lui con esso.
Brutti pensieri da non dire ad anima viva, né tanto meno ad alta voce, pensa la solita nota di demerito.
Oramai aveva più biasimo che lodi.
-Diciamocelo P.- si disse, i tempi della Caccia sono finiti. Quelli veramente tosti sono andati per sempre. Ed è anche per merito tuo e di quelli come te che adesso molti posti sono sereni.
Però, gli Anni di Linda Vista, Di Villisca, Di Molly Hatchett e soprattutto di Pennhurst erano stati grandi.
Sebbene a Pennhurst molti avessero perso il senno e, purtroppo, anche la vita, lui vi era stato e ne era uscito vittorioso. Ma a che prezzo, non poteva ancora oggi fare a meno di chiedersi.
Perso nei pensieri non si accorse del suo telefono che squillava incessantemente.
Ma chi cazzo è alle 5 del mattino? –Ovviamente 45 minuti prima che staccasse il turno-
Lo aveva di nuovo detto ad alta Voce e questa volta R, che lo detestava a causa dei sigari che fumava, lo fisso con aperta Ostilità.
-Forse- gli disse da distanza siderale- se rispondi lo saprai, P.
Si fissarono per qualche attimo. Nessuno dei due voleva abbassare lo sguardo, alla fine fu, però, lui a cedere.
Tirò un sospiro, sbuffò fuori i fumo dal retro nasale e osservò le volute di fumo andare verso il neon del soffitto. La luce elettrica si sarebbe spenta da li a poco e le grandi saracinesche di ferro avrebbero iniziato a sollevarsi per inondare di sole le stanze. Se ci fosse mai stato il Sole in Scozia, si disse P.
Il telefono continuava a squillare. _OH, al diavolo!-
PRONTO!
Un fiume di Parole lo travolse.
“P. sono T. Ci siamo, questa volta è roba grossa”.
No. Si disse P. Non lui. Non oggi, non adesso, non dopo questa giornata assurda. Non dopo che oramai era abituato alla sua routine. Non nel momento esatto in cui si sarebbe goduto il sigaro e sarebbe poi andato a casa per colazione e riposo. Soprattutto non adesso, non qui, non lui, la causa principale del motivo per cui condivideva questo spazio con persone più giovani di lui che lo guardavano come una reliquia di una era passata. Oddio, non la causa principale. Di sicuro una delle cause. La prima e unica era il suo pessimo carattere...
“Cosa vuoi T? Stavo andando a casa e...”
“Ci siamo, P, ci siamo, questa volta è poco ma sicuro”
“T, ne abbiamo parlato molte volte. Ogni cazzo di anno ti svegli in un imprecisato giorno di maggio e mi tormenti per circa un mese con la storia del Più Grande Caso su cui possiamo mettere le mani, per tornare alla Caccia, e poi?”
“P, fidati, questa volta è diverso! Questa volt...”
P lo fermò subito. Conosceva T da anni. Erano stati colleghi giovani e ambiziosi tanti anni fa. Anzi. Una vita fa, era il caso di dirlo. Si erano trovati assieme a Pennhurst e P aveva ammirato del collega la forza morale nonché quella fisica e la sua grande capacità di sopravvivenza ottenuta nascondendosi da ogni pericolo immediato lasciando andare avanti gli altri. Era una strana arte che padroneggiava benissimo. Dopo quel grande evento, piano piano i casi erano andati scemando. Avevano mandato un messaggio in quelle tre giornate di Caccia che era stato capito da quasi tutti. Certo, qualche Arconte ogni tanto alzava la testa con fare spavaldo, ma oramai erano un ricordo. Non ve ne erano quasi più e quei pochi che c’erano preferivano mantenere un riservato silenzio.
Erano rimasti i pesci piccoli che ogni tanto si divertivano a spaventare bimbi, sbattere porte di casa, tirare piatti, far sentire rumori di passi e palesarsi di improvviso.
Scempiaggini di cui P. faceva volentieri a meno. Perché lui, al contrario di T, aveva accettato la fine dell’era, la chiusura della Caccia e il fatto che di Eventi non ce ne sarebbero più stati. Almeno per questo secolo, e quello dopo, bhe, lui in quella forma non ‘avrebbe vissuto, quindi...
“T, ascoltami bene. Due anni fa. Ricordi? Mi hai chiamato tutto esaltato. Era il nostro grande momento. Un Hotel, Lo Stanley, in America. Qualcosa di grande, pronti per la nuova caccia. E cosa si è rilevato essere alla fine? Un Classe C.”
-Si ma non avevo la certezza, quella volta che...-
-Tre anni fa? Connecticut? Ricordi? Anche li hai millantato prove grandiose, hai sognato alla grande, e poi? Un semplicissimo Insurrezionalista incazzato nero perché gli avevano violato la proprietà...-
-Si può sembrare che tutto remi contro di me, P. ma ti assicuro che questa volta...-
-No, no, fermati. Vuoi che ti rammenti il più clamoroso di tutti?- Lo disse con tale impeto che per poco il sigaro non gli partì dalla bocca. La cenere ebbe meno fortuna e volò su tutta la scrivania, insudiciando i già poco puliti rapporti giacenti la sopra.
R . lo guardò come si guarda una specie di insetto fastidioso e ciò fece si che P. abbassasse il tono di voce di un quarto.
-Il caso ENFIELD, Inghilterra, te lo ricordi eh? Li mi hai convinto. Ci siamo mossi in 4, te compreso, abbiamo chiesto persino il supporto di Lorraine ed Ed, e tu sai quanto ODI avere a che fare con i fuori usciti, e poi cosa si è rivelato essere?-
T ammutolì. Non poteva essere altrimenti-
-Hai perso la lingua? Te lo rammento io. SCHIZOFRENIA mista a paraculaggine dei genitori. Ora, T. dopo tutto questo, vuoi continuare con la tua solita pazzia annuale? No perché se così fosse io ora riattacco e ti lascio parlare da solo.
P non incolpava T del fatto che lavorasse in quel miserrimo ufficio da una vita, ma dentro di se sapeva che anche il Caso Enfield era stato un altro chiodo sulla bara della sua carriera. Ma era stata sua la colpa, non di T. Perché ci aveva creduto. Aveva voluto crederci per sentirsi vivo di nuovo, per dimostrare che qualche avversario degno vi fosse ancora e che si ricordava di lui come uno di quelli che furono definitivi nella tre giorni di Pennhurst.
Cazzate. Se lo disse e lo disse a T.
“Non capisci, P. Ascoltami ti prego. Se ti chiamo a quest’ora vi è un motivo!”
“Il motivo è che mancano 20 minuti alla fine del turno e tu non sai che fare per ammazzare il tempo e quindi ti sei ricordato di me, avendo visto anche le tabelle dei miei orari mensili.”
“Non è così, -insistette T.- Cioè si, sulle tabelle e sul fine turno hai ragione, ma solo perché questa volta è roba seria e sicura P!
“Sto per attaccare, caro collega. Grazie della chiamata annuale. Preferirei la facessi a Natale, ma va bene anche così”.
“Un Camminante!- Esplose T- Dopo anni...”
P esplose in una risata così forte che fece sobbalzare sia R che stava preparando la borsetta per andare, che il povero inserviente che aveva iniziato a pulire il locale.
“Ti assicuro che è così, P. Ascoltami...”
“No CAZZO-sbottò P, ora sarai tu ad ascoltarmi: Sono stufo di te, delle tue idee folli, delle tue ricerche fatte male, sotto la convinzione che torneremo a brillare come un tempo. Siamo stanchi e vecchi e la Caccia è finita, chiusa, morta da anni. Il nostro tempo lo abbiamo fatto. Non ti accuso di nulla, ma devi COMPRENDERE che tu vedi le cose che non ci sono. Quest’anno ti sei inventato un Camminante, niente di meno! Sono morti tutti e lo sai bene e non vi è modo che si rigenerino altri. Lo so io come lo sai te, quindi adesso io porrò fine a questa comunicazione e spero di non sentirti più per almeno un altro anno, o, se sono fortunato mai più.”
Il silenzio dall’altra parte del telefono nero, coi tasti consunti, fece sperare a P che T avesse chiuso la telefonata. Se lo vedeva li, allampanato, con la schiena curva, gli occhiali di corno che incorniciavano un viso spigoloso che nascondevano acquosi e tristi occhi marroni.
“Sei ingiusto P. Ingiusto. Me lo devi e lo sai bene. Per quello che è successo a Pennhurst Non ti sto dicendo di buttarti in questa impresa senza valutare, come le altre volte. Questa è grossa, davvero
grossa e se leggessi la documentazione che ho te ne accorgeresti anche tu. Ti prego, è ultima volta. Se facciamo buco nell’acqua ti giu...”
Non lo fece finire.
Sarà stata forse la voce lamentosa che aveva tirato fuori, come faceva sempre quando voleva ottenere qualcosa, o il fatto che avesse nominato Pennhurst, o, peggio, che dentro di se P stava per cascarci di nuovo. Aveva, per un singolo attimo, avvertito il brivido, il guizzo, la pressione dietro le tempie che gli prendeva quando stava per iniziare una Caccia. O un misto di tutto questo.
Fatto sta che schiantò la cornetta sul ricevitore proprio mentre la sirena suonava per avvertire che erano le sei, le tapparelle di ferro rumorosamente iniziavano ad alzarsi e la stanchezza gli pioveva addosso.
Schiacciò il mozzicone di sigaro, oramai spento da un po’, nel posacenere ricolmo e tirò un profondo sospiro.
Con molta calma si alzò, prese il suo soprabito nero, il cappellaccio anche esso nero, mise i guanti, controllò di avere ogni cosa, ovvero chiavi di casa, cellulare mezzo rotto-che odiava perché uomini della sua età non avrebbero dovuto possederne ma sua figlia aveva insistito e quindi amen- chiavi della sua Oldsmobile 442 , portafoglio, sempre molto sgonfio, e si avviò verso l’uscita. Per rendersi conto che si era scordato gli occhiali sulla scrivania. Fece dietro front e incrociò R che si avviava con passo lesto all’uscita. La salutò mettendo la mano sul bordo del suo cappello, ottenendo, in cambio, uno sguardo di traverso e nulla più.
Giovani di oggi, pensò. Ma prima o poi ci arrivano anche loro alla mia età.
Recuperati gli occhiali, lentamente si diresse verso l’uscita, mentre, incredibilmente, un raggio di sole appariva dalle nubi grigie, ad annunciare l’inizio di una nuova piovosa giornata.
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