Continuiamo con la seconda ed ultima parte dell'intervista ad Andrea Giovanni Molinari, colui che veramente ha introdotto il fumo lento in Italia. Abbiamo già spiegato il suo lavoro capillare che ha permesso l'arrivo nel nostro Paese di almeno trecento vitolas, laddove ce n'erano appena quattro.
Abbiamo già ripercorso i passi che da membro dell'aviazione civile, l'hanno visto protagonista indiscusso del mondo associazionistico sigarofilo, e poi dell'importazione di puros.
Abbiamo rese note le amicizie che lo hanno da sempre sostenuto ed accompagnato nella creazione di ONEOFF, Due Mondi e il mitico Cañonazo.
Insomma, le conclusioni non possono che essere notevoli. Ma non è tutto, perché, per quanto riguarda la seconda parte, abbiamo deciso di riservare tutti i consigli puramente tecnici, come la conservazione dei sigari, la loro produzione, la lavorazione che si nasconde dietro. Ma ancora, i consigli ai neofiti, la degustazione che lui stesso ha "introdotto" come la intendiamo oggi, ed una rivelazione interessante, sincera e divertente riguardo alle nuove uscite.
Talvolta il linguaggio può essere colorito e confidenziale, ma è stato lo stesso Molinari
a non voler apportare modifiche di sorta a quanto detto, questo per sottolineare che tipo di persona abbiamo di fronte: pura, sincera e lontana da manierismi che non gli appartengono. E noi di CigarBlog non possiamo che esserne lieti e lasciargli carta bianca, nella più totale libertà di espressione.
a non voler apportare modifiche di sorta a quanto detto, questo per sottolineare che tipo di persona abbiamo di fronte: pura, sincera e lontana da manierismi che non gli appartengono. E noi di CigarBlog non possiamo che esserne lieti e lasciargli carta bianca, nella più totale libertà di espressione.
Riportiamo, inoltre, il link della prima parte dell'intervista, per completezza nei confronti di chi se la fosse persa o, cosa che consigliamo vivamente, per chi volesse rileggersi la stessa, o andare ad integrare quanto scritto di sotto. La potete trovare qui.
Luca Dominianni per CigarBlog (C.B.) – Abbiamo parlato tanto
del torcedor, e di quelli che hanno lavorato con te ne hai parlato benissimo.
Ma come deve lavorare un buon rollatore?
Andrea Molinari (A.G.M.) – Guardando le loro mani, si nota subito che hanno polpastrelli
lisci – quasi senza impronte digitali – e unghie sempre lucide. Questo già ci
indica che lavorano molto di punta, e mai di unghie.
Vederli lavorare ricorda molto i gioiellieri di Van Cleef, ma la loro
bravura si nota soprattutto dalle tecniche che utilizzano.
Un torcedor al lavoro |
- il formato Empalmado
è quello meno pregiato, dove le foglie di seco,
volado e ligero si sovrappongono una sull’altra e il tutto viene arrotolato.
Un torcedor “veloce” può arrivare a produrne 500 al giorno;
- il Plisado
ha una qualità alta, dove le foglie vengono piegate su loro stesse a soffietto.
Se ne possono realizzare fino a 200 al giorno;
- l’Entubado
è in assoluto l’eccellenza, perché composto da tanti piccoli “tubicini” di
foglie, unite poi insieme. Non si riescono a superare i 20-25 elementi al
giorno.
Bisognerebbe prediligere gli Entubado, e questo è senz’altro il
miglior metodo in assoluto, ma, ahinoi, in totale estinzione a seguito del
cambio generazionale dei torcedores. Già
da tempo la quantità è diventata, per molti, più importante della qualità.
Entro 10 anni i fumatori avranno
a disposizione degli ottimi sigari arrotolati col metodo Plisado, ma nulla di
più.
C.B. – Quali sono le caratteristiche che deve avere un sigaro per
essere davvero buono?
A.G.M. – Come un grande chef, chi
lavora i sigari deve partire da una materia prima eccellente e fare attenzione
a non rovinarla nei passaggi di lavoro. Quando si parte da un tabacco perfetto,
solo una cattiva lavorazione può inficiare la qualità del prodotto finale, il
sigaro, appunto.
Tra l’altro la foglia dovrebbe
essere il più possibile naturale, organica, cioè senza additivi chimici: non
dimentichiamoci che questo “signore”, il sigaro, lo teniamo tra le nostre
labbra, tra i nostri denti per quasi tutto il tempo della fumata. E se chimica
contiene, noi, tramite le labbra, le gengive, la lingua eccetera, assorbiamo
chimica, che con il calore sviluppato dall'accensione si può trasformare in una
miriade di effetti collaterali dannosi alla nostra salute.
Molinari in compagnia di Carlito Gassiot |
Sfatiamo un falso mito tutto
nord-americano: "la cenere più è bianca e più il tabacco è pregiato". La cenere
bianca indica un eccesso di potassio nel terreno. Se le foglie sono state
coltivate in un terreno naturalmente ricco di potassio non è un problema, ma per
soddisfare i consumatori ignoranti (e credimi Luchè, il 90% è assolutamente
poco “acculturato”) oggi il terreno si “fertilizza” con molti additivi la cui
natura è assai poco naturale…
Ma, santo cielo! “Cenere” in
spagnolo si dice “ceniza”. Sai quale termine si utilizza in spagnolo per indicare
il colore “grigio”? “CENIZO”, che deriva da “ceniza”, che sta ad indicare che è
appunto il colore più naturale della cenere!
E’ un po’ come la fanta-storia
che la fascia esterna chiara indica un sigaro “mild”, mentre se è scura allora
il sigaro è forte: quanta disinformazione, quante balle…
C.B. – Quali passaggi sono fondamentali per realizzare un buon sigaro?
Quali non devono assolutamente mancare? E quali stanno sacrificando, per
economia, negli ultimi anni?
A.G.M. – Il primo passaggio è
senza dubbio la coltivazione del tabacco: tenere in considerazione le
caratteristiche fisico-chimiche del terreno, la presenza di eventuali altre coltivazioni
limitrofe (caffè e cacao in particolare), e da quanto il terreno stesso non è
stato seminato e coltivato con qualsiasi altro vegetale, comprese le varie
rotazioni annuali di non coltura per ossigenazione. Inoltre, un’ottima materia
prima, come già detto, non prevedrebbe l’uso di pesticidi e anticrittogamici.
Costerebbe di più, ma preferisco la salute.
Foglie di tabacco durante la prima parte della stagionatura |
Il secondo passaggio risiede
nella stagionatura delle foglie su pali allineati orizzontalmente all’interno
delle cosiddette “casas del tabaco”,
dove vengono appese distaccate le une dalle altre (il classico metodo cubano)
in attesa che diventino “marroni” e possano cosi’ passare alla seconda fase di
stagionatura, raccolte in grandi ammassi a forma di cubi e aperte e girate più
volte alla settimana. Purtroppo, fuori dalla “perla dei Caraibi” c’è la pessima
abitudine di stenderle su corde tirate, ma il peso le fa tendere verso il
centro della fune che flette, formando una sagoma a “ventre”, e così il tabacco
in mezzo si raccoglie tutto assieme, fatica a respirare, e ammuffisce
leggermente: quel sentore di muffa non lo perderà più!
Il terzo passaggio consiste nel
sapere perfettamente quanto debba stagionare quel tabacco, specie se a più
riprese. Questo lavoro esalta le caratteristiche del sigaro, ma ovviamente non
risolve problemi di qualità precedenti: il tutto deve essere incorniciato da
una sapiente cura finale in un ambiente con aria a temperatura e umidità
relativa controllate.
Quello che ultimamente si è
smesso di fare, è la stagionatura corretta. Per vendere di più, si arrotola prima.
C’è da dire, però, che nel mondo
del fumo lento gli effetti della produzione si notano qualche anno dopo.
Staremo a vedere.
C.B. – Qual è il metodo ottimale per conservare un sigaro?
A.G.M. – Esistono due correnti di
pensiero.
- Quella
TRADIZIONALE - Si tiene il sigaro ad una temperatura di 17°C e una UR del 70%
circa. Un mese prima di fumarlo, lo si preleva dallo humidor “principale”, e lo
si mette in un altro, a 20°C e 65% UR.
Purtroppo, è
raro che la temperatura rimanga costante, e se nel secondo step supera i 20°C,
si può formare il bicho. L’unica
soluzione, a quel punto, sarebbe la crioterapia (surgelamento), ma questo
bloccherebbe la maturazione del prodotto e non si svilupperebbero ottimamente gli oli essenziali.
- Quella
SOTTOVUOTO - Il vuoto fa esplodere definitivamente le micro-uova di fermentazione,
evitando cosi’ lo schiudersi del bicho.
Qui, però saremo in presenza di due bellissime conseguenze, per me, positive:
dopo il trattamento “sottovuoto”, diciamo dopo un giorno, si toglie il sigaro
dal sottovuoto e lo si ripone normalmente nello humidor per farlo cosi’
maturare col tempo; ovvero, lo si mantiene sottovuoto per mesi, anni, anche
oltre i dieci, e quando lo si toglie dal sottovuoto la grande sorpresa: il
sigaro è rimasto intatto cosi’ come al momento di quando lo abbiamo messo in
trattamento! Allora, Luchè, se vuoi fumare un sigaro “novello” anche dopo 10
anni, mettilo e mantienilo sottovuoto!
C.B. – Quando bisognerebbe
fumarlo, dopo la conservazione?
A.G.M. – Il sigaro o lo si fuma
appena fatto, oppure dopo minimo 3 anni, almeno per i caraibici. I sapori e gli
aromi sono molto differenti, ma in entrambi i casi abbiamo qualcosa di
spettacolare. Sconsiglio vivamente, per quanto mi riguarda, conservazioni
intermedie come quelle di 6-12 mesi. Consiglio caldamente, invece, quelle pari o
superiori a 5 anni.
C.B. – Per poter apprezzare fino in fondo un sigaro, quali passaggi
bisogna compiere? Quale deve essere l’approccio?
A.G.M. – Non ci può essere una
risposta in assoluto, e, credo fermamente, nemmeno una scuola di pensiero. E’ una
questione troppo personale. E, per me, non c’è nemmeno una sola bevanda giusta
da accompagnarlo: della serie “il solito, grazie”. Dipende dallo stato d’animo,
dal momento, dall'atmosfera, dalla compagnia. Sono troppi i fattori che ti
fanno scegliere cosa bere e quando, assieme, poi, a “quel sigaro”.
Ricordo che un mio carissimo
amico e collega inglese, grande amante dei sigari cubani, era appena stato
operato per un cancro allo stomaco. Graziato dai medici con la concessione di potersi
godere un sigaro a settimana, non potendo in alcun modo fare uso di alcolici,
trovava un gran gusto, per accompagnare il sigaro con un drink, pensate un po’…
nella spremuta di arance!
C.B. – Cosa si intende per degustazione di un sigaro? Dovevo farti
questa domanda: l’hai inventata te!
A.G.M. – Io non ho inventato
proprio nulla, Luca. Diciamo che è stato Davidoff ad aver avuto una grande intuizione:
diede il nome di grandi vini francesi ai “suoi” cubani. Giustamente considerava
simili gli iter produttivi di vini e sigari, dalla semina alla raccolta, dalla
fermentazione alla
lavorazione ed infine alla confezionatura per la vendita. Davidoff
il Grande ricordava a tutti che lo stesso tabacco è anche implicato nella
realizzazione di fragranze per profumi, per cui esistono in entrambe le
tipologie di prodotti, sigari e vini, tutte le serie di aromi, sapori e via
dicendo. Per carità, è verissimo.
Ma sono comunque troppo
specifici, lontani ma vicini, e sarebbe una semplificazione troppo
approssimativa considerare gli stessi metri di giudizio per valutarli. In quel
preciso frangente ho compreso la necessità di un nuovo “metro”, quello della mia scheda di degustazione dei sigari. Esiste il tabacco buono, quello
cattivo, quello costruito bene o male, quello con una stagionatura limitata o
eccessiva. Insomma, le variabili sono troppe per prendere in prestito un altro
universo, quello del vino, e non costruire il proprio.
E ripeto, non ho inventato nulla.
Stiamo parlando della mia filosofia,
del mio modo di pensare la
degustazione stessa, modo che ho voluto condividere con chi ho avuto vicino,
fisicamente o tramite i miei libri.
C.B. – Qual è la cosa che hai fatto nel mondo dei sigari per la quale
sei più orgoglioso?
A.G.M. – Quella di aver fatto
parlare in Italia di fumo lento, aver fatto anche un po’ di didattica, di
cultura.
L’ho fatto per passione, per
amore di questo mondo. E questo nonostante tutte le difficoltà che ho dovuto
attraversare. I già citati casi di Cigair
e Casa del Habano, tutte le vicende
di invidia e i tentativi di imitazioni vari.
E’ un mondo affascinante, pieno
di avventurieri a caccia di quei “quindici minuti di popolarità” dei quali
parlava profeticamente Pasolini, quarant’anni fa.
C.B. – Quali sono state le resistenze che hai incontrato e che,
talvolta, ti hanno fatto demordere?
A.G.M. – Innanzitutto i giudizi
sui miei investimenti. Sono sempre stato trasparente, e investivo i bonus ufficialmente riconosciuti che
prendevo dalla mia compagnia aerea, per gli ottimi risultati che portavo a
casa.
Ma le difficoltà più grandi le ho
incontrate con i cosiddetti yes-men,
quelle simpatiche figure buone solo a dire “sì” al superiore di turno per il
solo scopo di compiacere. Questo portava al tanto famoso “leccaculismo” e aumentava
l’ignoranza. Tanta ignoranza.
A Cuba, ad esempio, il declino della
qualità dei sigari è cominciato quando ad Habanos sono entrati i burocrati, che
vedevano il sigaro come un business multinazionale, e non come un simbolo
nazionale da divulgare nel mondo nel miglior modo possibile: il SIGARO CUBANO è
il più importante AMBASCIATORE DI CUBA NEL MONDO!
C.B. – Un accenno all'associazionismo nazionale e di nuovo a Diadema, in questo senso? Ma anche
ai tuoi “amati” funzionari cubani sotto Castro.
A.G.M. – Io non ho mai venduto il
culo, per nessuna ragione e a nessuno. Quando ospitavo in Italia a mie spese
Don Alejandro Robaina, alcuni avventori del CIGAIR lo prendevano e lo portavano
in giro, a fargli stringere mani, a fare cene nella Pianura Padana o dalle parti
dei Campi Flegrei: tu pensi che contribuissero alle spese dei biglietti aerei da
Cuba all’Italia e viceversa, o a quelle alberghiere qui a Milano o, che dico,
pensavano ad invitarmi agli eventi organizzati, di fatto, a umma-umma? Io lo avevo fatto venire per
i miei progetti, ma quando il Grande Vecchio mi chiedeva : ”Molinares, tu amigos italianos me envitaron a una cena en Bologna y
despues en Napoli: puedo ir?” Che gli rispondevo? “No, sei mio prigioniero?”:
ma figurati! Cosa penso di tanti
personaggi che, nelle foto con Don Alejandro, ancora portano lo sfondo delle
mura, dei quadri, delle chitarre vintage e dei divani di CIGAIR?: pezzenti (sia
chiaro, nel significato lessicale che viene dal latino “petere”, che significa “chiedere per ottenere”).
Molinari in confidenza con Don Alejandro Robaina |
Per quanto riguarda i funzionari
castristi, i discorsi di prima rimangono validi. Gli incompetenti che erano
arrivati facevano rimpiangere i grandi geni di appena qualche tempo prima. Mi
chiedo tuttora come Andrea Vincenzi sia riuscito a resistere, ma ogni volta mi
rispondo che lui è più forte di quella gente.
Ma aggiungiamo una categoria se
vuoi, una categoria che sopporto veramente a fatica. Quella di tutti i
politici, burocrati e tecnocrati, che ho incontrato nella mia carriera.
Mi ricordo una volta che per il
mio lavoro da manager dell’aviazione civile, assunsi a Cuba dieci bravissimi
ingegneri aereonautici. Gli stavamo
pagando tutti i corsi italiani, comprensivi delle certificazioni, per poter operare
manutenzioni sui Boeing americani. Qualche tempo dopo, l’Ambasciatore americano
in Italia mi fece contattare, e mi disse che tutto ciò andava contro “la democrazia che gli USA stavano da anni
tentando di riportare a Cuba”. Ero appena stato operato alla schiena, stavo
in piedi a fatica, ma il giorno dopo presi l’aereo e lo andai ad incontrare per
dirgli il mio punto di vista, e cioè che in tutti gli USA se stai male e non
hai un’assicurazione privata o un’American Express Platinum, ti lasciano morire
in strada: a Cuba NO. Che in tutti i grandi magazzini degli USA puoi acquistare
armi a go-go e fare stragi personali in qualsiasi istante: a Cuba NO! Che in
USA se non sei nato in una famiglia benestante le scuole giuste te le puoi
dimenticare: a Cuba tutti i cittadini cubani hanno diritto all’istruzione
migliore ed il 98% della popolazione è di cultura medio-alta. Di quale
“democrazia da ristabilire” avremmo dovuto parlare?
Dopo quell’evento, la stima di
Fidel nei miei confronti crebbe, e per darmene dimostrazione mi regalò tre
scatole di sigari autografate e con un’anilla
speciale: “AGM”. E poi mi fece donare una quantità notevole di tabacco, del 1993,
e dall’allora Primo Ministro Carlos Lage, l’autorizzazione per farlo lavorare a
Carlito Gassiot.
Non avrebbe potuto farmi dei
regali più azzeccati ed apprezzati.
A.G.M. – Nazione di nascita. Essere avanti
e non avere padroni qui è stato ed è come
portarsi addosso un “peccato originale”.
C.B. – Ti viene data la possibilità di rivivere un sigaro che hai
fumato. Rimangono inalterati tutti i fattori di quell’esperienza (luogo, tempo,
compagnia, amicizie, amori, ecc.). Quale sceglieresti?
A.G.M. – Anche questa la
conoscono in pochi. I sigari che mi hanno regalato esperienze catartiche sono stati un discreto numero. Ma dovendone sceglierne solo uno, opto per quello fumato con
colui che sarebbe diventato il boss dell’aviazione civile cubana.
Ero andato a chiedere i diritti
di traffico per poter volare sull’isola per la mia Lauda-Air, perché’ volevamo
a tutti i costi quella destinazione. Quel signore si chiamava (e si chiama) Argimiro
Ojeda, e all’epoca era vice-presidente dell’ “Istituto de Aeronautica Civil de
Cuba” l’equivalente del nostro “Ente Nazionale per l’Aviazione Civile”. Ad un
certo punto, si girò e mi chiese se fumassi. Aprì una scatola di Cohiba Lanceros da 50, riservati esclusivamente ai Diplomatici in visita a
Fidel Castro, e quindi non erano ancora commerciali, perché nel 1991 la
fabbrica “El Laguito” produceva, ancora per poco, in esclusiva per il marchio. Onorato
del gesto, tentai di rifiutare perché avevo un terribile mal di gola. Chiuse di
scatto il coperchio, e mi disse testualmente: “No Puro, No Derechos!” (Niente
sigaro, niente diritti!). Ovviamente, dimenticai il mal di gola, mi feci
coraggio e lo accesi.
E di quel sigaro mi è rimasto il
tatuaggio sul palato! Un ricordo indelebile. Sicuramente uno dei più buoni di
sempre, ma soprattutto quello che mi ha dato maggiori soddisfazioni.
C.B. – Cosa ne pensi delle nuove realtà che si affacciano sul mercato
del tabacco arrotolato?
A.G.M. – Vedi Luca, il 26
settembre ho compiuto 60 anni. Si vede che sto invecchiando, perché dei nuovi
modelli non me ne frega più un cazzo.
Il sigaro mi accompagna tutta la
giornata per farmi ragionare. Mi aiuta a non sfanculare il mondo. Essendo l’elemento che mi deve dare lucidità,
non faccio più grandi esperimenti. Ormai ho i miei gusti, che si stanno
affinando, ma soprattutto rafforzando. Sono già alcuni anni che ho la necessità
di andare sul sicuro, di continuare a fumare quello che mi piace e mi è sempre
piaciuto.
Tutti i miei sigari sono
“anziani”, molti sono fuori produzione, ma ho stipato bene i miei sei humidors da 1000 sigari l’uno di
capienza. E così facendo non dovrei avere problemi di scorta.
Poi senz’altro ci sto attento, se
trovo delle novità le acquisto, ma oramai non sono più adatto per modificare i
miei gusti. Fumo i nuovi modelli quasi senza pensarci, e nessuno al momento è riuscito
a spodestare altri puros che, già da
molti anni, sono diventati i miei.
E’ proprio un fatto di mentalità,
ormai ho i miei gusti, le mie vitolas. E’ un mio difetto, ma non voglio
rinunciarci. Ripeto, voglio andare sul sicuro.
A.G.M. – La cosa più importante,
all'inizio, è quella di farsi guidare da una persona di cui ci si fida. E’
imprescindibile questo passaggio. Si ha bisogno di un mentore, e questo lo dico
per esperienza personale: ho già fatto questo iter, sia da “alunno” che da “maestro”.
Il secondo passaggio, per
radicare la passione del fumo lento, è quello di farsi un minimo di cultura,
leggendo dei libri specializzati. Occorre variare gli autori, ma possibilmente
evitare i trattati dei giornalisti, scegliendo sempre quelli scritti dagli
esperti, perché ottimi addetti ai lavori.
Ultimo ma non ultimo, è necessario leggere qualsiasi cosa di Zino Davidoff, perché con lui se sono rose fioriranno. Se esistono i presupposti per fare qualcosa di meraviglioso, lo si scopre leggendolo, cercando di apprendere la gioia che il mondo del sigaro gli regalava. Il vero “Signore degli Anelli” è proprio lui. Zino Davidoff.
Ultimo ma non ultimo, è necessario leggere qualsiasi cosa di Zino Davidoff, perché con lui se sono rose fioriranno. Se esistono i presupposti per fare qualcosa di meraviglioso, lo si scopre leggendolo, cercando di apprendere la gioia che il mondo del sigaro gli regalava. Il vero “Signore degli Anelli” è proprio lui. Zino Davidoff.
C.B. – Andrea, grazie di cuore per questa intervista, a nome dei nostri lettori e di CigarBlog.
A.G.M. – Grazie a voi. E’ stato
un piacere. E, mi raccomando: keep-on-fighting!
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