06 luglio 2015
Una panoramica sui Toscano d'Autore: Garibaldi (Guest Author Luca Dominianni)
Garibaldi, mito d’Italia, sia sotto forma di condottiero che di stortignaccolo. Forse è un incipit un po’ ardito, ma se vogliamo andare oltre il linguaggio accademico - e fare uno sforzo creativo - questo è quanto. Parole inusuali, riguardo un sigaro, ma mai messe a caso.
L’eroe dei due mondi era un avido toscanofilo, e mai si sarebbe sognato di scendere sul campo di battaglia senza i suoi fidi compagni. Il Toscano Garibaldi, però, nasce molto più tardi rispetto alle sue nobili gesta.
Era il 1982, e un certo Mario Soldati, a cui in seguito dedicheranno il sigaro d’Autore di fascia più alta, si rese conto che il tabacco utilizzato nella produzione di Cava de’ Tirreni era più chiaro, dolce e delicato rispetto a quello delle manifatture di Lucca. Pensò quindi che fosse un ottimo espediente per regalare al popolo fumatore un prodotto
meno intenso rispetto al Toscano Classico, pur mantenendo intatta la qualità e il fascino.
Nacque così un nuovo toscano, il Garibaldi, umile e ricco, sacro e profano al tempo stesso. Proprio com’era il barbuto padre dell’Italia unita. Molti sono i fumatori che con esso si avvicinano al mondo del sigaro italiano, per poi abbandonarlo per passare ad altri prodotti di qualità maggiore, ma i veri fumatori non si fanno ingannare dalla stagionatura media e dal richiamo di prodotti più pregiati. L’estimatore esperto si ricorda sempre che il Garibaldi è, probabilmente, la Storia - quella con la “S” maiuscola - della Manifattura Sigaro Toscano.
Certo, è vero, il Toscano Classico nasce nel 1930 e il Toscanello ammezzato nel 1948. Ma l’anima della Dinastia, il suo biglietto da visita, rimarrà per sempre la confezione verde bottiglia, con il volto e l’autografo del primo patriota nostrano. Del resto fu proprio con esso che cominciò a far breccia una nuova filosofia: il sigaro non veniva più visto come un prodotto aut-aut – o lo ami, o lo odi – ma si affacciavano inesplorate varianti, che tenevano in considerazione i gusti di una clientela mai uniforme.
Il sigaro si presenta consistente, dall’ottima lucentezza e dalla pancia non eccessivamente magra. La fascia, di un colore nocciola marcato e uniforme, racchiude al suo interno una tripa dalle tonalità leggermente più oscure.
L’analisi a crudo porta indubbiamente a pensare che sia un buon sigaro, specie in funzione del suo aroma semplice e lineare, cha già fa presagire una fumata assolutamente distinta.
Si rivelano note di cuoio, di stallatico, di legno giovane, mentre la sapidità è appena accennata, complici anche i “soli” 6 mesi di fermentazione. Non resta che accenderlo, per notare una sensibile variazione nel suo carattere. Comincia ad espandersi tutto ciò che di zuccherino un sigaro possa offrire, e non si tratta di quel sentore stomachevole che conferisce il Toscanello Caffè Dolce, ma di quello sano e genuino, tipico del miele e ancor di più delle cucine mediterranee.
La fumata risulta lineare ma interessante, e le sorprese maggiori subentrano quando si arriva intorno alla metà, dove si va a palesare una maggior forza sapida, e gli aromi di legno e di stallatico entrano in equilibrio perfetto con le note melliflue precedentemente citate.
Al di là dei pregi, i difetti che mostra sono notevoli. Primariamente, il modo in cui arde. La relativa giovinezza della fascia e del ripieno comporta un aumento progressivo della velocità di combustione. Inoltre, indipendentemente dalla preparazione e dalla destrezza del fumatore, spesso sorge la necessità di aggiustare il braciere.
Procedendo nella fumata, ci si accorge ben presto che – specialmente nell’ultima parte – gli aromi soavi delle note dolci vanno sempre più a cedere il passo ad elementi disturbanti acri e sgradevoli. Addirittura, nel caso di
spegnimento e riaccensione (ad esempio per mezzo di Snaffero), il Toscano Garibaldi potrebbe essere irrecuperabile ad un palato fine.
L’unica caratteristica che rimane praticamente invariata durante tutto il corso della fumata è l’intenso aroma di legno giovane, particolarmente vispo, che si interseca a quello, più pavido, di erba fresca.
L’acidità è abbondante nella prima parte, per poi ridimensionarsi ben presto entro valori accettabili.
Questo sigaro risulta perfetto nello svolgere le attività di tutti i giorni, mentre si guida, si chiacchiera o si eseguono lavori manuali, ma non è adatto alla “meditazione” nella maniera più assoluta, essendoci poco su cui riflettere. La Psicologia umana richiede un degno coadiuvante per l’introspezione, e nell’andare ad interrogarsi sui mali del mondo non ci si può far accompagnare da questo sigaro, grande, che però è grande proprio per la sua semplicità. Urge qualcosa di maggiormente vario, affascinante e complesso per tentare di ordinare il proprio caos.
Tirando le fila del discorso, ritengo che anche il facoltoso intenditore che fuma solo Presidente meriterebbe una tirata di orecchie se non conservasse almeno un Garibaldi nel suo humidor.
E’ un prodotto affascinante, economico, caratteristico. Contemporaneamente è sempre uguale e sempre diverso. SI manifesta vivo, dinamico e non può non piacere. Perché? Perché è la linfa che ci racconta l’origine di tutto ciò che venne dopo.
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