Speriamo che la cosa sia apprezzata da tutti voi lettori.
Buona lettura a tutti!
*Il mio incontro con lo scrittore e registra Mario Soldati avvenne nei primi anni ‘80, nel locale della Fermentazione dell’interno dei sigari Toscani, presso la manifattura di Cava, locale che veniva assimilato dall’illustre personaggio ad un deposito di stagionatura del formaggio “Parmigiano Reggiano”. Tanto è vero che nelle sue pagine diceva del sigaro: “Il Toscano tradizionale non ci tradisce mai. Il Toscano ci offre sempre, con la sua intrinseca violenza, la migliore difesa contro gli eccessi del fumo”.
L’incontro con Mario Soldati mi ha lasciato un ricordo indelebile, perché muovendosi nel locale toccava ed annusava il cuore della massa di tabacco fermentato, beandosi dell’odore che emanava e che tanto prediligeva.
Soldati era un fautore della genuinità e della tradizione, era un acuto ricercatore di sfumature che caratterizzavano il sigaro Cavese, tanto che alla vista dei sigari confezionati a mano da alcune sigaraie per l’occasione, i suoi occhi si illuminavano e non riusciva a reprimere il desiderio di saggiarli, conservandoli gelosamente, tra le mani, fino alla fine della visita in manifattura.
In occasione di altre visite, Mario Soldati manifestava il suo interesse con domande attinenti al ciclo di lavorazione, dalle quali si intuiva la profonda conoscenza delle peculiarità del sigaro Cavese, che era di gusto molto più morbido, più dolce e meno aggressivo dell’intera famiglia dei Toscani Italiani. Inoltre mostrava molta sicurezza e speditezza durante la permanenza nel locale in cui si verificava il processo fermentativo del Kentucky, mentre la governante che l’accompagnava se ne usciva precipitosamente a causa dell’odore pungente.
In Mario Soldati il profilo del degustatore di sigari emergeva chiaramente quando parlava, con un pizzico di distaccata superiorità, dei piaceri del fumo del sigaro, che induce alla calma e alla rilassatezza, a differenza di quello della sigaretta, che esprime una situazione di stress ed avviene in maniera compulsiva.
Apprezzava il sigaro perché, essendo un fautore della genuinità, lo riteneva privo di qualsiasi manipolazione ed elogiava molto gli sforzi delle maestranze cavesi e, in particolare, ascoltava volentieri gli aneddoti dei tempi passati, raccontati dalle maestre sigaraie più anziane, riferiti alla rigidità ed al rispetto del disciplinare di una volta.
L’incontro con Mario Soldati mi ha lasciato un ricordo indelebile, perché muovendosi nel locale toccava ed annusava il cuore della massa di tabacco fermentato, beandosi dell’odore che emanava e che tanto prediligeva.
Soldati era un fautore della genuinità e della tradizione, era un acuto ricercatore di sfumature che caratterizzavano il sigaro Cavese, tanto che alla vista dei sigari confezionati a mano da alcune sigaraie per l’occasione, i suoi occhi si illuminavano e non riusciva a reprimere il desiderio di saggiarli, conservandoli gelosamente, tra le mani, fino alla fine della visita in manifattura.
In occasione di altre visite, Mario Soldati manifestava il suo interesse con domande attinenti al ciclo di lavorazione, dalle quali si intuiva la profonda conoscenza delle peculiarità del sigaro Cavese, che era di gusto molto più morbido, più dolce e meno aggressivo dell’intera famiglia dei Toscani Italiani. Inoltre mostrava molta sicurezza e speditezza durante la permanenza nel locale in cui si verificava il processo fermentativo del Kentucky, mentre la governante che l’accompagnava se ne usciva precipitosamente a causa dell’odore pungente.
In Mario Soldati il profilo del degustatore di sigari emergeva chiaramente quando parlava, con un pizzico di distaccata superiorità, dei piaceri del fumo del sigaro, che induce alla calma e alla rilassatezza, a differenza di quello della sigaretta, che esprime una situazione di stress ed avviene in maniera compulsiva.
Apprezzava il sigaro perché, essendo un fautore della genuinità, lo riteneva privo di qualsiasi manipolazione ed elogiava molto gli sforzi delle maestranze cavesi e, in particolare, ascoltava volentieri gli aneddoti dei tempi passati, raccontati dalle maestre sigaraie più anziane, riferiti alla rigidità ed al rispetto del disciplinare di una volta.
Di sicuro, il degustatore Soldati non avrebbe approvato la scelta tecnica, avvenuta poco dopo la sua scomparsa, di aromatizzare i sigari Cavesi e di fare uso di fascia congelata, cioè di tabacco italiano lavorato all’estero, in quanto tali accorgimenti avrebbero condotto ad un appiattimento del gusto ed alla rottura del cordone ombelicale che legava il Kentucky beneventano al Toscano Garibaldi cavese.
Le attuali ricerche scientifiche danno ragione alla filosofia perseguita da Mario Soldati, perché confermano che gli additivi e gli edulcoranti aggiunti al tabacco, fanno aumentare la fase catramosa del fumo, cioè la frazione di fumo che ristagna di più sulle mucose; inoltre viene mascherata e snaturata al vera identità biologica della “cultivar”, sia nel gusto che nell’aroma. In uno studio pubblicato su “Enviromental Health Perspectives” si rileva che la manipolazione del tabacco con sostanze additivanti può essere causa di un imprevisto inquinamento microbiologico, di cui i ceppi più comuni sono: Acetobacter, Clostridium, Klebsiella oxytoca e Pseudomonas aeruginosa, che penetrano nei polmoni insieme al fumo.
Nel mese di giuno del 1999 scomparve novantatreenne il nostro più illustre consumatore di sigari, artefice della nascita del sigaro Garibaldi. Tutta la Manifattura partecipò al dolore del figlio Giovanni, anche lui appassionato del sigaro Cavese, tanto da far nascere a Cava il progetto, in onore dell’illustre genitore, di un sigaro “Soldati”, simile di gusto al Garibaldi, con il modulo dell’Ammezzato Garibaldi e con fascia Beneventana. Il sigaro “Soldati” fu lanciato sul mercato dopo essere stato battezzato al Premio Strega del 2002.
Purtroppo il tempo ha fatto dimenticare la primogenitura del citato sigaro “Soldati”, tanto è vero che tutta la filiera ha subìto la completa delocalizzazione presso la Congenere di Lucca ed anche una metamorfosi in sigaro “intero” e confezionato con fascia congelata, lavorata nello Sri Lanka.
Il figlio dello scrittore, Giovanni, che venne in più occasioni in Manifattura, accompagnato dalla moglie Stefania Sandrelli e dell’amica Ornella Muti, ha ricordato in un biglietto di ringraziamento una celebre frase che racchiude l’intima essenza della poliedrica figura di Mario Soldati: “Amò troppo la Pace per credere di meritarla e strenuamente la fuggì, ora è contento!”
*Articolo gentilmente concesso dall'autore Giuseppe D'Amore
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