Fino a prova contraria scrivere e far leggere le proprie
opinioni sui sigari è anche pericoloso. Eppure necessario, soprattutto di
questi tempi. Non sarà sfuggito che la Manifattura del Sigaro Toscano sta
continuando ormai da mesi il perverso gioco di torchiare i portafogli dei suoi
affezionati consumatori, sparando a raffica sul mercato le novità. E il
giochetto diventa davvero diabolico quando su queste maledette novità tra
toscanofili si intavola la discussione e, con l’acquolina in bocca, ci si pone
a vicenda la fatidica domanda: i 20 euro è meglio spenderli per il Toscano
Opera, cioè la novità, o per la buona Antica Riserva? Spesso capita che nella
combriccola di toscanofili ci sia il toscanofilo illuminato che, avendo già
provato la novità, darà il responso, e su questo gli altri si baseranno per
spendere i 20 euro per l’Opera o l’Antica Riserva.
Sono settimane che si ripete questo stanco rituale che mi ha
fatto venire in mente qualcosa accaduto nel mondo della letteratura tempo fa,
ma che ha da spartire anche col sigaro italiano. Qualche mese fa su internet e
i social network è circolata per qualche giorno una lettera di Cesare Pavese,
il famoso poeta che nel Novecento ha fatto conoscere agli italiani la
letteratura americana, fino ad allora tenuta sotto silenzio dalla censura
fascista. Eccola:
A
Giulio Einaudi, Torino.
Torino, 14 aprile 1942
Spettabile
Editore,
Avendo
ricevuto n. 6 sigari Roma – del che Vi ringrazio – e avendoli trovati pessimi,
sono costretto a risponderVi che non posso mantenere un contratto iniziato
sotto così cattivi auspici. Succede inoltre che i sempre rinnovati incarichi di
revisione e altre balle che mi appioppate, non mi lasciano il tempo di
attendere a più nobili lavori. Sì, Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi,
con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di
sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potrete sperare dagli stessi
un rendimento superiore alle loro possibilità.
C’è
una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da
passeggiare e tramonti da godere. La Natura insomma ci chiama, egregio Editore;
e noi seguiamo il suo appello.
Fatevi
fare il Bini da un altro.
Cordialmente.
C. Pavese
Questa lettera è stata presa da “Cesare Pavese” di Franco
Vaccaneo, Gribaudo Editore (2011). A seguito della messa in rete della lettera,
subito i bravi lettori si sono dati da fare in un capolavoro di italianità, un
capolavoro incompleto.
Certo: senso comune e miopia hanno diretto le immediate
reazioni sulla rete. I primi hanno commentato rimpiangendo i bei vecchi tempi
andati in cui si poteva trattare così con gli editori, o quando gli editori ti
mandavano almeno i sigari. I secondi hanno ammesso, credendo di essere ancora
più spiritosi dei primi, che la scatola di sigari in questa storia è un tocco
di classe. Ma quelli più curiosi sono i terzi che hanno tratto da questo
frammento un importante insegnamento per la vita di tutti i giovani: questa
lettera deve essere un monito per tutti i giovani che in procinto di sgomitare
nel mestiere di intellettuale sono disposti a qualunque cosa pur di vedere il
loro nome pubblicato.
Un attimo: se buon senso critico e acutezza avessero diretto
i commenti dei lettori non si sarebbe arrivati a tante e simili boiate,
all’ombra dei famosi sigari Roma di cui parla Pavese. Eh sì, perché quel che
viene immediatamente dopo a quella lettera, nel libro da cui è tratta, è la
soluzione al malinteso. Ma evidentemente i veloci commentatori non avevano
tempo per soffermarsi e girare la pagina del libro di Vaccaneo e scoprire che
la lettera da loro commentata non faceva altro che rispondere in toni
altrettanto scherzosi a una lettera-contratto di Giulio Einaudi, del 4
febbraio.
Egregio
Signore,
Siamo
a proporVi di curare per la «Biblioteca universale» dello Struzzo il
Manoscritto di un prigioniero di Carlo Bini, corredato da una introduzione
inquadratrice e delle note essenziali.
Certi
che il nome dell’insigne curatore (oltre al centenario della morte di Bini)
sarà sufficiente ad assicurare il successo del volume, osiamo proporVi come
anticipo su un compenso a forfait di L. 800, n. 6 Sigari Roma che Vi saranno
portati di persona dal nostro Titolare alla sua prossima venuta costì.
Grati
se vorrete favorirci un cenno di conferma, Vi porgiamo i nostri più rispettosi
saluti.
Giulio Einaudi
I miei 300 lettori più esperti
potrebbero obiettarmi: eh ma nel 1946 Pavese si lamentò con Einaudi del ritardo
nel pagamento degli stipendi da parte della casa editrice. Verissimo; ma è
anche vero che nel 1942 (l’anno della lettera incriminata) Pavese fu assunto da
Einaudi “con il doppio dello stipendio”. Così le cose cambiano un bel po’ e
improvvisamente perdono di valore tutte le elucubrazioni dei più illuminati che
(forse in buona fede) hanno ingannato quanti si sono basati sul loro parere.
Più o meno è quanto accade oggi con
le novità della MST. Molti nemmeno se ne avvicinano, perché prevenuti dalle
parole degli illuminati. Loro, i 20 euro li spendono per gli Antica Riserva. E
anche chi vi scrive rientra nel novero di chi i 20 li spenderebbe solo per gli
Antica Riserva. Ma è anche vero che c’è un bel rischio. E cioè quello di
precludersi nuove esperienze all’insegna del Toscano solo per essersi basati
sul sentito dire da altri che invece l’esperienza l’hanno fatta. Un po’ di
personale spirito critico ci vorrebbe.
STEFANO VITTORI
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