Nessuno se la prenda se darò voce ad alcuni pensieri che mi
frullano in testa da troppo tempo. O, meglio, da quando se ne è dibattuto nella
grande piazza virtuale che è Facebook. Ma già sento strisciare le code di
paglia.
Il pretesto di questo scritto è stata la lamentela,
vagamente snobistica, sorta in seno all’ormai noto e notoriamente colorito
gruppo Facebook “Sigari Toscani”.
Complice la rilassatezza estiva, negli ultimi
tempi in quel gruppo si era in effetti scherzato un po’ troppo, spingendosi
fino al piccante e al pruriginoso. Come è prevedibile, sono subito saltati
fuori da una parte i censori dei buoni e morigerati costumi, dall’altra i
difensori della goliardia e dei lazzi, in ultima istanza gli indifferenti.
Le posizioni più interessanti sono emerse proprio dalla
prima fazione: i tromboni. Sì, i loro argomenti erano più o meno chiari e
benpensanti: basta con le bambinate, “il gioco è bello finché dura poco” ecc.
Però uno di loro era sinceramente risentito per la brutta e scandalosa piega
presa dal gruppo perché a sua detta il sigaro (e parliamo qui del sigaro
Toscano) è un nobile passatempo, degno di nobili ed elette menti e tante altre
cose elitarie.
Ora, la mia esperienza di fumatore di Stortignaccolo, in
effetti, mi ha spinto in un primo momento a dargli ragione o, almeno, a
giustificarlo. Se la memoria non mi inganna (e per queste idiozie non mi
inganna mai) io iniziai la mia carriera da fumatore verso i 18 anni,
impressionato (positivamente) dalla figura del grande cantautore milanese Roberto
Vecchioni che da sempre cerca di farsi ritrarre con l’onnipresente Toscano. Nella
foga di emularlo, anche io mi procurai il mio bravo Toscano.
Non ho certo intenzione di raccontarvi tutta la mia vita,
salvo dirvi che la mia passione per lo Stortignaccolo (che dura tutt’ora) è
nata sì da una infatuazione giovanile (che però tale non è dato che anch’essa
dura tutt’ora) ma anche da un’idea allora molto più salda di oggi: il Toscano è
il tratto distintivo di una élite.
Come ho detto, da quando pensavo queste cose è appunto
passata un bel po’ di proverbiale acqua sotto i ponti, e, come è prevedibile,
oggi vedo le cose in maniera molto diversa. Perché ho scoperto che in effetti il
Toscano oggi lo fuma un po’ chiunque: mica solo i cantautori con un po’ di
puzza sotto il naso. Ricchi, poveri, intelligenti, idioti, colti e ignoranti e
chissà quante altre categorie. Quindi: fino a che punto serve indignarsi sul
pubblico che fuma i Toscani? Così vanno le cose. Risentimento e indignazione di
quel signore possono pure andare a casa: licenziati.
Fino a prova contraria ognuno dovrebbe essere libero di fare
un po’ quel che gli pare, soprattutto con uno strumento di piacere come il sigaro
Toscano. E la Manifattura del sigaro Toscano sicuramente sarebbe contenta di
leggere queste righe, perché sono un ulteriore conferma del suo variegato ed ecumenico
pubblico di consumatori.
E, col senno di poi, mi sembra un po’ bambinesco ritenere
ancora il sigaro (Toscano) come segno di appartenenza a qualcosa (come se la
propria personalità non bastasse per questo!), tanto più a uno status sociale o
culturale elevati. A parte i Toscani “di alta gamma”, per i quali davvero pochi
sono disposti a sborsare anche uno o più centoni, tutti gli altri sono alla
portata davvero di tutti: ricchi, poveri, intelligenti, idioti, colti e
ignoranti.
E, col senno di poi, a dire il vero non mi stupisco troppo.
La Storia ci conferma che il Toscano è nato come un sigaro grezzo, rude, per
tutti, non per pochi. Quindi, direi, non esageriamo con goliardia e lazzi, ma
nemmeno troppo nella direzione opposta.
(Mi sono permesso di prendere l'immagine e rielaborarla da "Toscani. Passione in fumo", Alinari)
STEFANO VITTORI
Nessun commento:
Posta un commento