Conscio del fatto che questo post possa generare disucssioni e polemiche, mi trovo, come faccio di tanto in tanto a ragionare sull'evolversi nel tempo della produzione dei sigari, senza sindacare, se non tramite informazioni storiche, quello che è accaduto nel passato remoto, ma valutando semplicemente quella che è la mia esperienza diretta. Per quanto riguarda la gamma del sigaro toscano, ho avuto
la fortuna (o sfortuna, a periodi alterni) di iniziare a fumare toscani sin dalla vecchia gestione del marchio da parte del monopolio (a onor del vero all'epoca senza troppa coscienza critica sul sigaro e le sue sfumature). Successivamente ho assistito al passaggio di consegne, prima ad ETI, poi a BAT ed infine all'attuale gestione MST afferente al gruppo Maccaferri. Ovviamente il mio è un punto di vista da consumatore, diciamo così, informato, sul background che porta all'ottenimento di un certo prodotto, e anche se riconosco certi meriti a MST, vedo ancora margini di miglioramento sia sulla comunicazione di certi aspetti della produzione al consumatore finale, sia su possibili cambi di approccio in alcune delle fasi produttive.
Partiamo dal presupposto che il gruppo Maccaferri, seppure con una fase iniziale non brillantissima (forse per via della fase di transizione, dopo la deludentissima gestione BAT), ha comunque ottenuto risultati accettabili in termini di qualità e di differenziazione della gamma, che nei vari passaggi di mano si era abbastanza appiattita. Questo è senz'altro un punto a favore della gestione attuale, che però ha ancora qualche punto su cui lavorare. Vorrei però porre l'accento sul fatto che non si sta parlando di frodi, ne di pratiche vietate, ne tantomeno di sofisticazioni o altri procedimenti di sorta che rendano i sigari dannosi, o pericolosi (al di la ovviamente della pericolosità intrinseca legata al tabacco, che è arcinota e non di certo legata ad una gestione o ad un marchio). Nulla di tutto ciò, si tratta semplicemente di una sorta di patto di fiducia con il consumatore, che credo molti di noi, che idientificano lo stortignaccolo come un pezzo di tradizione italiana, apprezzerebbe molto.
Ad esempio, è del 1 agosto scorso la lettera di D'amore al Magazine del Corriere della Sera "Sette", in cui l'autore del libro "Oltre il Fumo - Viaggio nel mondo del tabacco per sigari" svela alcuni aspetti della produzione, come la preparazione delle fasce per i sigari fatti a macchina in Sri-Lanka, eredità della gestione ETI (che implica tra le altre cose l'abbattimento della temperatura per la conservazione, e un bagno di sale per ripristinare la combustibilità del sigaro), aspetto che ha senz'altro la sua influenza in un sigaro dove la fascia incide in peso ben più del 5-10 % della capa di un sigaro caraibico. Mi chiedo, se per il gruppo che gestisce la filiera sarebbe uno sforzo così immane riportare in italia la produzione di foglie fustellate per le fasce dei sigari fatti a macchina, evitando così alle foglie processi chimico-fisici aggiuntivi che di sicuro non ne aumentano la qualità. Vedendo la differenza di prezzo al consumo, ad esempio, tra un Originale ed un Antica Riserva, credo che l'escursione cingalese delle foglie non abbia poi un'incidenza così importante sul prezzo finale di un fatto a macchina come l'AR.
Un altro aspetto che, da agronomo che conosce, seppur superficialmente, il mercato dei prodotti agricoli, mi lascia perplesso, è il tanto sbandierato accordo tra le manifatture ed il ministero delle politiche agricole per la produzione di tabacco, per i prossimi 7 anni. Sicuramente un'iniziativa che ha i suoi aspetti positivi, in un contesto in cui le politiche comunitarie sono incerte sul mantenimento o meno dell'incentivo alla produzione di tabacco, e che assicura una certa continuità agli agricoltori in termini contrattuali, con prezzi ad oggi abbastanza in linea con la media di mercato, e previsti in rivalutazione di circa il 3% all'anno come riporta una nota del ministero.
Ma è proprio questa rivalutazione che mi lascia con qualche perplessità, visti gli incrementi medi annui dei prezzi rilevati da Nomisma, che sono ben più importanti del 3% all'anno. Secondo Nomisma infatti (vedi figura, per il tabacco Fire Cured) dal 2001 al 2011 c'è stato un incremento complessivo di circa il 230-240% con una media annua del 12-13% (utilizzando un interesse composto) ma maggiormente concentrati proprio nell'ultimo periodo, mentre l'incremento cumulativo previsto nei prossimi 7 anni è di circa il 23% in totale (pari ad esempio all'incremento relativo di un solo anno tra il 2008 ed il 2009). L'impressione vedendo questi dati, è quella di un orientamento aziendale (legittimo, per carità) di assicurarsi un approvvigionamento di materia prima a prezzi ragionevoli, piuttosto che quello di procacciarsi tabacco della migliore qualità. Benchè esistano comunque livelli qualitativi minimi da rispettare e differenziazioni di prezzo (quelli in figura sono prezzi medi) sulla base della qualità, va da se che se un produttore di tabacco si vede ridurre progressivamente il guadagno marginale (poichè ad aumento dei prezzi corrispondono anche aumenti di costi di produzione), è più facile che adotti tecniche per minimizzare i costi, piuttosto che accorgimenti per incrementare la qualità.
Da consumatore quindi, da un lato riconosco gli sforzi del gruppo MST, che ha risolto alcuni dei problemi derivanti dalle gestioni precedenti, dall'altro lato spero in un ulteriore sforzo teso a rilanciare il vero made in italy per lo stortignaccolo, e a premiare la qualità lungo tutta la filiera, conscio del fatto che questo potrebbe portare ad aggiustamenti nei prezzi di alcuni prodotti, che credo tutti gli appassionati, o quasi, sarebbero disposti ad accettare in cambio di quanto esposto sopra.
Nessun commento:
Posta un commento