06 giugno 2018

Concorso letterario apuano. Daniele Carlucci: una giornata di sole

Last but not least, ultimo dei racconti del concorso letterario apuano

Daniele Carlucci
Una giornata di sole.
Era un giorno di sole come tanti altri. Solo quando c'era il sole riuscivo a godermi il mio solito sigaro, solo quando mi godevo il mio solito sigaro riuscivo a rilassarmi e pensare.
Pensavo a tutto: ai miei problemi, al mio cane che mi teneva compagnia nelle passeggiate.
Godermi il sigaro con Axel era complicato. Non lo lasciavo mai sciolto, quindi ogni tanto, attirato da altri cani o da chissà quale odore, tirava e strattonava.
Non era un cane cattivo o ineducato, era solo esuberante. Esuberante quanto bello. Meticcio credo che si dica, incrocio, bastardo, come vengono etichettati da molti. Ma a mio modo di vedere era semplicemente Axel.
Era un giorno di sole, e quel giorno Axel era come al solito qui con me perché uscire da solo non mi andava ed ovviamente con me non mancava neanche il mio immancabile sigaro toscano.
Avevo bisogno di pensare, un po' al futuro e un po' al passato, soprattutto perché quel giorno avevo deciso di dirle tutto, di dichiararmi, di riuscire a realizzare quel sogno che ormai era diventato quel desiderio che mi aveva fatto sperare di trovare quella lampada delle favole dove usciva il genio e ti chiedeva i tre desideri, anche se me ne sarebbe bastato uno solo: lei.
Il sogno di lei parte molto tempo fa, da un'altra giornata di sole. All'inizio quando la incontrai nemmeno pensavo di innamorarmi di lei, era semplicemente un'amica, la mia migliore amica. Ma – come accade tante volte nelle vite di ognuno di noi – ci innamoriamo dell'amica o dell'amico di turno. Non era programmato, più parlavo con lei più la
trovavo simile a me, simile al mio modo di pensare e di prendere la vita. Unica pecca: non fumava sigari come me, anzi non fumava proprio. Più fumavo e più nella nuvoletta di fumo che lasciavo volare leggera nell'aria vedevo il suo volto, il suo fantastico sorriso che paragonavo davvero al sole di quella giornata.
Non sono mai riuscito a dichiararmi a lei, mai, ho semplicemente atteso che me la portassero via, anzi a dire il vero sono stato io a farmela portare via dopo l'incontro fortuito tra lei e un mio amico, da cui lei rimase colpita e di cui alla fine si innamorò.
Mentre fumo rimango a pensare che io sono stato complice di tutto questo, perché quando lei mi parlava di lui io l'assecondavo, io parlavo solo bene di lui, e mentre lei si innamorava e si accendeva io mi spegnevo, ma rimanevo sempre spiazzato e paralizzato da quel sorriso che bastava per rendere una giornata di merda una splendida giornata.
Per qualche strano motivo a un certo punto litigarono ed io feci da pacere, in un certo senso, parlando con lei e poi con lui, così si rimisero insieme. Ora nei miei pensieri (e sicuramente anche nelle parole di questo mio racconto) sorgeva una domanda: perché non le hai mai detto quanto l'amavi ? Perché lei era felice così, e se lei era felice, anche se morivo dentro, ero felice anch'io.

Erano di nuovo insieme, e grazie a me. Probabilmente era giusto così, magari nemmeno sarei stato corrisposto – lei è troppo bella – magari sarei stato corrisposto e non sarei qui a fumare in malinconia, ma a fumare di felicità, a fumare quel sigaro che magari tutti noi teniamo da parte per essere fumato nelle occasioni speciali, o magari andiamo dal nostro fidato tabaccaio a comprarne uno costoso che magari non avremmo mai comprato se non fossimo così felici o così gratificati dall'obiettivo raggiunto.
Così la mattinata era trascorsa su quel pensiero, sul pensiero di lei. Ormai era andata così, ormai anche il sigaro era quasi finito. E qui mi era sorta un'altra riflessione, sulla vita però.
Pensavo alla vita come un sigaro: a volte pare buona all'apparenza, a volte sembra amara, ma la vita giusta, la vita equilibrata è quella vita che come un buon sigaro ha i giusti aromi e sapori, il giusto amaro, il giusto retrogusto dolce e lo speziato, ma che evolve, non che rimane piatta come quei sigari scialbi e senza arte né parte. E si spera anche che questo sigaro, come la vita, duri il più a lungo possibile, e che magari una pioggia improvvisa o una caduta accidentale non lo faccia spegnere, o che il sigaro stesso non si spenga da solo. Forse questo pensiero è scontato, ma credo che il sigaro, come la vita, vada goduto fino in fondo e non importa a che punto si spegne, ma basta goderselo come io mi godevo quel buon sigaro e quella splendida giornata di sole.
Non so se mi dichiarerò mai, farebbe sorgere ulteriori problemi, e come la paura che il sigaro mi cada, avrei paura di perderla per sempre quindi preferisco lasciare tutto così sospeso piuttosto che decidere di dichiararmi e magari perdere o vincere.
Il sigaro ormai era finito, la passeggiata con Axel anche. Ce ne torniamo a casa dopo che l'ho rimbambito con i miei pensieri fumosi, anche se sembra che abbia capito e – come per dirmi “tranquillo ci sono qui io con te” – mi poggia la zampa sulla coscia, io lo accarezzo, lo bacio e ci dirigiamo verso casa.
©2018 Daniele Carlucci

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