11 aprile 2017

Chimica e Fisica del Sigaro, alcune precisazioni

Questo articolo prende spunto da un post comparso qualche giorno fa su Cigarsmaniac.com, a firma di LadyM (Federica D'Angelo), in risposta ai tanti lettori di entrambi i blog che mi hanno chiesto un parere al riguardo. Anzitutto, permettetemi di ringraziare l'autrice, e la co-autrice dell'articolo per gli ottimi spunti, mai facili da trattare su un blog che parla di sigari per un pubblico ampio, ma ad avviso di chi vi scrive molto importanti per comprendere certi aspetti della fruizione del prodotto. Sottolineo anche che il taglio dell'articolo comparso su cigarsmaniac mi pare buono, e che questo post non vuole in alcun modo sminuire il lavoro di altri blogger, ma solo dare maggiore chiarezza su alcuni dei punti trattati.
Di seguito troverete le parti dell'articolo in questione, riportate in corsivo, con le note aggiuntive di cigar blog di seguito a ciascuna parte.

Apriamo il nostro humidor, e cosa avvertiamo? Sentiamo il fantastico e piacevole odore del tabacco, perché nel nostro apparato olfattivo, si attivano i neuroni olfattivi: gli odorati si legano ai milioni di recettori, posti sulla superfice delle ciglia delle cellule della mucosa nasale, ed inviano gli impulsi al sistema nervoso, passando per il bulbo( olfattivo), fino a dare le giuste informazioni al cervello. 
Corretto, il concetto rientra nella fisiologia del gusto, ed è spiegato in maniera giusta, gli impulsi chimici dei composti volatili che si sprigionano dal tabacco interagiscono con l'apparato olfattivo come spiegato dalle autrici del post

Dopo aver scelto il nostro sigaro, supponiamo di dover tagliare la capa, cosa facciamo? Innanzitutto, inumidiamo il tabacco e ne sentiamo i sapori a crudo, tramite le papille gustative poste sulla lingua, nel palato molle, nella faringe, nelle guance e nell’epiglottide. Il sapore del sigaro è la combinazione di amaro, dolce, aspro, mentre, il gusto coinvolge, anche, gli aromi ed il tatto (nel nostro caso un tabacco più ruvido di altri…)
Corretto in parte, anzitutto va riconosciuto alle autrici di aver dato la giusta
accezione al gusto, che spesso viene erroneamente usato come sinonimo di sapore; tra i sapori primari manca il salato (e l'umami, difficilmente avvertibile in un sigaro), ma l'elenco era con ogni probabilità esemplificativo senza voler essere esaustivo. C'è però un piccolo errore concettuale, sul "tatto": la sensazione tattile, labiale e della lingua sulla superficie del sigaro hanno una incidenza minima sul gusto nel suo complesso, le sensazioni tattili palatali importanti sono quelle percettibili nel cavo orale non direttamente collegabili al senso del gusto in senso stretto, come l'asciutto, il tannico, il piccante, l'elettrico, il metallico, la cremosità etc. Anche tra questi, alcuni come l'elettrico e il metallico sono difficilmente riscontrabili nel sigaro, soprattutto a crudo.

Adesso passiamo all’analisi più fisica della fumata, cosa significa inumidire la capa? Tramite la saliva (98% di acqua circa), il tabacco assorbe umidità, in un processo quasi adiabatico: la quantità di calore che assorbe il sigaro è trascurabile (in media la temperatura della bocca è maggiore di quella dell’ambiente), mentre, aumenta la percentuale di molecole di acqua nella capa. Questo fenomeno di “umidificazione adiabatica” ci permette di poter eseguire un taglio con maggiore precisione: un tabacco secco avrà un comportamento “fragile” al taglio, e si sfalderà!
Il processo di assorbimento di un liquido in un solido, per contatto diretto, non è un processo adiabatico, è giusta la sostanziale irrilevanza della temperatura nella bagnatura della capa, tuttavia non è sufficiente per definire adiabatico il processo, poichè si ha una umidificazione dovuta all'igroscopicità del solido che assorbe acqua, nel nostro caso il tabacco, l'umidificazione adiabatica avviene invece tra gas, e tipicamente tra aria secca e vapore acqueo, iniettato in una condizione pressochè adiabatica, in cui l'aria si arricchisce di vapore fino a valori prossimi all'85% di umidità relativa, la quantità assoluta di vapore presente nell'aria in uscita dal sistema adiabatico dipenderà dalla temperatura dell'aria stessa. Tuttavia, a differenza del processo di umidificazione di un solido, l'umidificazione adiabatica dell'aria non porta ad un assorbimento vero e proprio ma ad una miscelazione di gas, che restano però sostanzialmente separati a livello molecolare (anche istantaneamente).

La fase che preferisco, è quella della combustione: prendiamo il nostro lighter o bastoncino di cedro, o qualsiasi strumento più ci aggrada, e lentamente scaldiamo il braciere, fino alla completa accensione. La combustione avviene quando vi è ossidazione di un combustibile (il tabacco del braciere), tramite un comburente (che è l’ossigeno dell’aria). Una fiamma dolce, lambendo la base del sigaro, lo brucerà per conduzione, mentre, una fiamma più forte (jet flame) provocherà anche l’irraggiamento. Molti di noi smokers, compresa me, soffiano delicatamente sul braciere, durante l’accensione, così facendo andremo a migliorare e uniformare la combustione, tramite una maggiore ossigenazione.
Corretta la parte che descrive il processo ossidativo che caratterizza la combustione, e anche la parte inerente l'irraggiamento, che però non è proprio solo del jet flame ma praticabile anche con una fiamma dolce. Tuttavia l'innesco (il termine con cui si definisce "l'avvio" di una combustione), tramite fiamma non avviene mai per conduzione, un tipico innesco per conduzione è ad esempio quello che avviene quando utilizziamo l'accendisigari dell'auto, in cui un corpo metallico (o comunque buon conduttore termico) arroventato tramite una fonte di calore, entra a contatto con un materiale combustibile, l'innesco per contatto diretto con la fiamma si definisce appunto accensione diretta.

Finita questa prima fase, il fumatore comincia ad aspirare: l’aria viene scaldata dal braciere, tramite la convezione, trattandosi di un fluido, e si arricchisce di aromi e di nicotina(distillata dalla combustione), fino ad arrivare alla bocca, dove le nostre papille danzano ed assorbono i sapori, che saranno accentuati dall’elevata alcalinità del sigaro stesso. Essendo il fenomeno di trasferimento del calore, la convezione, ruotando il sigaro favoriamo i moti convettivi del fumo, per cui la combustione sarà più omogenea (facendoci evitare tante correzioni del braciere). Il tabacco, molto simile al legno, non è un buon conduttore, per cui, non avvertiremo calore sulle dita, fino a quando non saranno molto vicine al braciere: solo in questo momento entrerà in gioco la conduzione, che, ahimè, ci scotterà anche le labbra!
Corretta la parte sulla conducibilità termica del tabacco, mentre ci sono alcune inesattezze sulla parte inerente la combustione e il trasferimento di calore.
L'aria nel braciere non si scalda per convezione, la combustione stessa è un fenomeno esotermico, che modifica la composizione chimica dell'aria, e la sua temperatura. La convezione è un fenomeno di diffusione di un flusso di aria calda, non una fonte di riscaldamento dell'aria stessa; eventualmente un flusso di aria calda può generare un moto convettivo, ammesso che vi sia una condizione ambientale circostante a temperatura diversa, e che non vi siano interferenze sui flussi di gas, ma la convezione  non può avvenire ne all'interno del sigaro (poichè il moto è sostanzialmente laminare come sottolineano le stesse autrici più avanti), ne in bocca, poichè l'aspirazione stessa è un fenomeno di disturbo dell'eventuale moto convettivo che si potrebbe creare con il gas caldo. Tendenzialmente corretto, ma risibile all'atto pratico, l'effetto di regolarizzazione della combustione ruotando il sigaro, sebbene il calore abbia nell'immediato esterno del sigaro, una diffusione verso l'alto, dovuta alla minore densità del gas caldo, e quindi in presenza di una parte che brucia più lentamente, tenendo questa in alto la si scalda di più, e potrebbe bruciare meglio. Questo sarebbe vero se il tabacco che costituisce il sigaro fosse tutto uguale, con la stessa  struttura, gli stessi punti calorifici (inferiore e superiore), la stessa composizione chimica e la stessa igroscopicità, ma sappiamo che all'atto pratico non è così, le foglie che costituiscono un sigaro sono eterogenee, e hanno combustibilità diverse, un cattivo posizionamento, ad esempio, della foglia di ligero, su un lato del sigaro, ne sbilancia la combustione, rallentandola, in questo caso la rotazione del sigaro non ha alcun effetto sulla regolarizzazione del braciere.
Corretta anche la parte in cui si parla di distillazione. La  distillazione secca infatti, è una delle tre fasi che caratterizzano le reazioni termiche in un sigaro, la parte esotermica è quella della combustione vera e propria, abbiamo poi due zone immediatamente sottostanti, in cui avvengono reazioni endotermiche sul tabacco, ovvero la carbonizzazione e la distillazione secca, appunto. (vedere figura).

Il fumo che noi ispiriamo ha diversi tipi di “moto”: quando uscirà in un filetto sottile, al contorno del sigaro, esso sarà “laminare”, dopo evolverà in “vortici turbolenti”, come si può apprezzare dai vortici che fa. Il classico metodo delle puffate è di natura impulsiva e turbolenta, data la velocità del fluido e la geometria della bocca. Il fumo ha una densità maggiore dell’aria, per cui dovrebbe scendere, ma essendo più caldo, salirà verso l’alto fino a disperdersi e raffreddarsi. Un fumatore più esperto conosce l’importanza della cenere, poiché diminuisce l’entrata di aria (soprattutto di ossigeno) dal braciere, evitando i surriscaldamenti, ma come si mantiene attaccata al tabacco non bruciato? Qui entrano in gioco, a livello puramente chimico, le forze d’interazione molecolare, o meglio, le forze di van der Waals, che manterranno insieme le molecole di diversa natura, fino a rottura dei legami. A livello più fisico, si deve condurre un discorso sulla sollecitazione/resistenza: la sezione della parte combusta manterrà la cenere attaccata al sigaro, fino a quando non potrà più sopportare la trazione del suo stesso peso, e, successivamente, cadrà inevitabilmente sui nostri vestiti!
Giusta la parte sui moti del fumo, se aspirate il fumo con una siringa noterete la laminarità del gas in uscita dal sigaro, corretto anche, in linea di principio il discorso sulla densità, che vale però a parità di temperatura, il fumo sale nell'ambiente che ci circonda perchè proprio grazie al calore, la sua densità è più bassa rispetto all'aria, fino a che non raggiunge la stessa temperatura. Corretto anche l'effetto della cenere, anche se l'effetto di diminuzione quantitativa dell'aria è relativamente meno importante, rispetto al "direzionamento" dell'aria in ingresso, un buono strato di cenere infatti, contribuisce a creare quell'effetto di moto laminare, prima che questa colpisca il braciere, che se invece fosse "scoperto" sarebbe esposto all'aria da direzioni variabili. L'effetto della cenere è quello di regolarizzare il flusso di aria e di ossigeno (il nostro comburente) sul braciere, rendendo la combustione più regolare. Corretta la parte sulla sollecitazione/resistenza della cenere, tuttavia le sole forze di Van der Waals non possono "reggere" il peso della cenere stessa, la cenere è composta anche da molecole "strutturate" e contiene legami chimici (le  forze di VdW sono tipicamente interazioni atomiche o molecolari in assenza di legami veri e propri) di tipo ionico e covalente (con la presenza di carbonati e non solo), il fatto che sia molto più fragile rispetto al prodotto pre-combustione è spiegabile con la perdita di una larga percentuale delle molecole strutturali del tabacco, che sonocostituite da carbonio, idrogeno e ossigeno, che vengono scissi durante la combustione, sviluppando energia, e ricombinati in gas (Anidride Carbonica e Vapore Acqueo) "abbandonando" così la struttura organica originale (il tabacco pre-combustione). Il residuo di combustione, ovvero la cenere, è estremamente meno denso (bulk density) e il numero di legami chimici è estremamente inferiore e più rarefatto, risultando in una maggiore fragilità e destrutturazione.


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