11 febbraio 2016

Pipa ma quanto mi costi?

Chi si avvicina alla pipa o ne è semplicemente incuriosito rimane sorpreso o addirittura interdetto dai prezzi eccessivi di alcuni marchi non comprendendo criteri e motivi per cui un pezzo di legno con della plastica arrivi a costare svariate centinaia di euro.
Siamo figli della modernità e come tali siamo stati abituati ed educati a intercettare nel prezzo di un oggetto il segno tangibile della sua qualità.
Se, ad esempio, spendiamo una cifra importante per un impianto stereo, dovremmo essere sicuri di percepire un suono più netto meno disturbato che in altri impianti. Questo vale per altri prodotti come le macchine fotografiche con certe prestazioni, i computer e quant'altro. In questi prodotti, più la tecnologia è evoluta e raffinata e maggiori sono i costi che molti appassionati del genere sono disposti ad affrontare pur di soddisfare determinate esigenze funzionali. Ma per prodotti di natura artigianale o artistica, il ragionamento sarebbe molto più articolato ma sufficientemente rodato per avviare una riflessione su una questione ormai annosa circa il rapporto tra l'oggetto pipa e il suo prezzo. C'è da chiedersi se questo rapporto sia così diretto e giustificato da qualità oggettive come per altri prodotti; vale a dire la solita domanda: “se spendo una cifra importante per una pipa avrò la sicurezza di fumare in maniera diversa che con una pipa da 50 euro?” Rispondiamo subito di no. Le pipe in radica, fatte da produttori e costruttori più o meno accreditati nella storia e nel mercato di questo oggetto, hanno prestazioni in linea di massima molto simili. Non c'è nulla di dimostrabile o di misurabile che non sia eventualmente una nostra personale suggestione che non può e non deve accampare alcuna pretesa di oggettività, soprattutto se si tratta di una questione nevralgica come la qualità di una fumata.
Tuttavia, non possiamo nemmeno ritenere che il prezzo di una pipa sia frutto di un capriccio o di totale arbitrio da parte di produttori o addetti ai lavori.
Ci sono alcuni aspetti da considerare nel prezzo alto di una pipa a prescindere dalla sua qualità tecnica.
  • Il rapporto bocchino/pipa. Assemblare un bocchino pretornito con una testa è cosa ben diversa dal costruire o riadattare un bocchino in un tutt'uno con la pipa. Questo è un lavoro che richiede impegno e un impiego di tempo certamente non trascurabile. E' un lavoro che porta a curare meglio imboccatura del bocchino stesso al fine di rendere la pipa un po' più comoda ed ergonomica. Lavorare bocchino e pipa insieme come fosse un pezzo unico rende un equilibrio particolare. .
  • Il trattamento o il tipo di lavorazione del legno. Ad esempio passaggi numerosi di carteggiatura, che richiedono tempo, rendono la pipa di una levigatezza molto più naturale senza l'uso di tinte che coprono eventuali micrograffi abbassando il tempo di produzione. A ciò aggiungiamo l'uso di colori e mordenti che esaltino la venatura del legno.
  • L'esclusività di un marchio dovuta a una serie svariata di motivi, alla costanza di un certo standard costruttivo e allo stile certamente riconoscibilissimo del prodotto. Fermo restando una attenzione ai dettagli, che la pipa si chiami Dunhill o Castello fa certamente la sua differenza rispetto ad altri marchi. L'esclusività è data anche dal fatto che un artigiano produce pochissimi pezzi l'anno e con questi si fa conoscere e apprezzare.
  • Infatti, la discriminante fondamentale è il mercato fatto di appassionati, collezionisti e addetti ai lavori, che nel tempo hanno decretato il successo di certi brand.
  • L'uso della placca di radica piuttosto che del più misero e “industriale” abbozzo è oggi un elemento costruttivo fondamentale per permettere all'artigiano di sviluppare un disegno e quindi una forma della pipa che l'abbozzo non sempre consente. Soprattutto gli artigiani danesi puntano molto sulla combinazione tra forma e grana della radica con un equilibrio tale da non esaltare l'uno o l'altro aspetto. Tutto questo comporta lavoro, attenzione ai dettagli e ore impiegate.
  • In parte la stagionatura prolungata anche se contrariamente a tanti altri non la ritengo un elemento importante fermo restando che vada fatta per un certo periodo di tempo da parte di ogni produttore serio. Oltretutto la stagionatura effettuata per diversi anni non è dimostrabile né sperimentabile in maniera certa. Ci sono delle suggestioni che hanno originato, ad esempio, la leggenda del “gusto Castello” che , a detta degli estimatori del marchio, risulta molto dolce e caratteristico.
Tutto questo può essere accreditato come qualcosa di oggettivo? Probabilmente sì ma non ci dice nulla sulla qualità che a un fumatore interessa. Tuttavia se vogliamo avere un oggetto particolare che crei anche delle suggestioni personali, se vogliamo lasciarci condizionare dagli elementi mitici, la questione del prezzo della pipa cambia registro e va a intercettare caratteristiche che nolenti o volenti con il fumo e la qualità di esso non hanno alcuna attinenza. Le differenze tra un marchio e un altro spesso sono anche evidenti ma sono consegnate a chi le vuol vedere e non a chi deve esserne convinto a tutti i costi.

Quindi non facciamoci scrupoli e compriamo le pipe di marchi noti che ci piacciono e che ci possiamo permettere. In fondo molti fumatori di pipa sono sostanzialmente dei collezionisti; amano apprezzare oggetti che  colpiscono nei dettagli, nella forma, in qualcosa di impalpabile. Il destino e la fortuna di questo strumento sono in qualche modo legati al suo fascino estetico, che lo si accetti o meno, ferma restando la presenza di quei puristi che sostengono che la pipa “ha da fumà”. Certamente! Ma se è anche bella forse è meglio.

Giuseppe Cerbino 

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