Negli ultimi 10-15 anni gli aficionados hanno assistito ad una progressione qualitativa dei sigari centroamericani, al di fuori di Cuba, impressionante per certi versi, sia per il miglioramento diffuso ed elevato, sia per la velocità con cui i cambiamenti hanno avuto luogo.
Ci siamo più volte interrogati su quali sono stati, e siano oggi, i fattori determinanti che hanno caratterizzato questa progressione negli anni recenti, e che hanno determinato l'affermazione dapprima
della Repubblica Dominicana (in vero con qualità elevata solo su prodotti di alta gamma), e successivamente del Nicaragua, che oggi può vantare un livello qualitativo diffusamente alto, anche a partire da prodotti "entry level", senza dimenticare alcuni paesi ancora emergenti, che stanno producendo tabacco, e anche sigari, interessanti per il mercato.
Abbiamo più volte trattato in questo blog di terroir adatti (vedere ad esempio i seguenti articoli: 1 - 2 - 3 ) senza dimenticare le vicissitudini socio-politiche, che pure hanno in passato limitato l'espansione economica di diversi settori, incluso quello dei sigari, e l'orientamento che per anni ha portato il settore manifatturiero di questi prodotti a rivolgersi principalmente al mercato americano, in sostituzione dei sigari cubani, non più reperibili a causa dell'embargo. Non abbiamo dimenticato di sottolineare l'importanza della ricerca di settore, e della gestione imprenditoriale delle manifatture e delle coltivazioni, purtroppo da anni relativamente limitata a Cuba, e anche la spinta qualitativa, sia a livello costruttivo che di materia prima, data dalla necessità di dover dimostrare la validità dei prodotti, che fino a poco tempo fa (e in alcuni casi tutt'ora) sono stati visti dal mercato più come surrogati degli habanos che come tipicità a se stanti.
Ed è proprio questo il punto chiave, ad avviso di chi vi scrive, che ha determinato la realtà odierna. I produttori di sigari al di fuori di Cuba hanno finalmente maturato la consapevolezza che è inutile tentare di imitare gli habanos, perchè non si riuscirà mai a creare un prodotto identico ad un altro, con differenze sostanziali di terroir o di varietà coltivate. Da quando alla semilla cubana si sono affiancate varietà di tabacco selezionate per i territori specifici, e si sono adottate tecniche di lavorazione della materia prima studiate per ogni specifico prodotto, abbiamo assistito al vero cambio di marcia nella produzione al di fuori di Cuba.
La maturità del settore in questo senso è stata ulteriormente affermata anche di recente, con la creazione di alcuni blend a liga mista cuba-caribe (come ad esempio San Lotano, La Ley e La Estancia), in cui i produttori hanno cercato la sintesi delle migliori qualità di paesi diversi, utilizzando per la componente cubana tabacco della Isla, senza tentare di ricrearlo altrove, affiancando però nel blend tabacchi di alta qualità e carattere peculiare, ottenuti in altri paesi dell'area centroamericana, con il chiaro intento di comunicare al mercato che il tabacco di qualità non può mai essere considerato un surrogato, indipendentemente dalla zona di produzione, ma può ampliare gli orizzonti del consumatore, sino a coesistere in maniera paritaria e complementare con il tabacco cubano.
L'auspicio è che anche il mercato italiano del sigaro adotti diffusamente un approccio di questo tipo, andando oltre il semplice tentativo di imitazione del Toscano, ed esplorando nuovi orizzonti qualitativi che sappiano valorizzare i diversi territori. Devo dire che i buoni esempi in tal senso non mancano, specie negli anni recenti abbiamo visto comparire sul mercato prodotti come Amazon (per la produzione della materia prima), Nostrano del Brenta e i sigari di CST che saranno disponibili prossimamente, solo per citarne alcuni, che hanno una forte connotazione territoriale, e ampliano l'orizzonte organolettico e qualitativo del panorama sigrofilo italiano.
Bello scritto. Condivisibile nell'analisi del presente e negli auspici per il futuro.
RispondiEliminaGrande ricostruzione Zap
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