L’immaginario comune di film e libri ci abitua a pensare
che, morto un vecchio facoltoso, i fedelissimi congiunti vi si precipitino per
seppellirlo e arraffare il più possibile delle sue sostanze. Nella foga di
svaligiare la casa del vecchio, riemergono gioielli, ninnoli, libri rari, vini
pregiati, monete antiche. E magari anche vecchie scatole di sigari.
Se le vecchie scatole di sigari riportano la dicitura
“Sigari Toscani” dovremo concludere che il vecchio aveva buon gusto, e che ciò
darà gioia a chi dei fedelissimi congiunti è amatore nonché collezionista dello
Stortignaccolo.
Basta bazzicare qualunque mercatino delle pulci di una
grande città per capire che oggi si colleziona di tutto, dai tappi delle
bottiglie di birra ai vecchi giocattoli, e quindi perché non anche le vecchie
scatole di Toscani? Anzi, a maggior ragione, collezionarle significherebbe anche
passeggiare lungo gli ultimi duecento anni della Storia del nostro benedetto
assurdo Bel Paese.
Andar alla ricerca di vecchie scatole di Toscani è un
mestiere arduo. Quelle di fine Ottocento sono anonime ed essenziali: di grandi
dimensioni, di legno o cartone, dovevano solo convogliare i sigari dalla
Manifattura al Deposito del Monopolio e alla tabaccheria. Fin qui, niente di
strano: da sempre “l’abito” e l’anima del Toscano sono essenziali, e per questo
il Toscano vanta innumerevoli tentativi di imitazione.
Poi, negli anni ’30 del Novecento, i Toscani o erano imballati
in incarti da 50 sigari ed erano venduti sfusi, con una stampa e dicitura
semplice ed essenziale, o erano messi sul mercato dentro le prime scatole con
tiretto e le bustine aperte in testa.
Nel dopoguerra, il Monopolio ha cambiato musica e ha
iniziato a curare di più la veste grafica.
Non è troppo difficile capire che sono proprio le confezioni
più essenziali ed anonime a non essere state conservate nel tempo ma subito
buttate. E non è difficile capire che sono loro i pezzi da novanta, quelli che,
per possederli, il collezionista di Stortignaccolo arriverebbe anche a
uccidere. Mi riferisco alle confezioni dei sigaretti
“Roma”, del “Toscanello Sport”, delle
sigarette Kentucky, delle Spuntature e delle imitazioni estere.
Ma, oltre alla casa da depredare del vecchio facoltoso, dove
il collezionista può reperire tanto ben di Dio?
(Settimana prossima, nella Seconda Parte, troverete l'agognata risposta)
STEFANO VITTORI
Mi scuso.
RispondiEliminaNon parlo italiano come due parole.
Né io non oso di indossare in pubblico.
Scrivo un libro, in cui le scene in Italia, alla fine degli anni 1950.
Poi se qualcuno che non è ricco, ma non abbastanza povero,
voleva comprare un sigaro una volta alla settimana,
che ha comprato un sigaro
e quello che è costato.